Bologna.
2 agosto 1980.
Le immagini a colori nello schermo sbiadiscono tra il fumo dell’esplosione, i morti, la disperazione, il dolore.
L’orologio segna le 10.25.
Un sabato qualunque con la stazione affollata di gente in partenza per le ferie.
L’ala sinistra della Stazione è completamente distrutta.
Il treno Adria Express, viene investito in pieno dall’esplosione di tritolo chiuso dentro una valigia.
Quel treno non doveva neppure essere lì in quel momento, ma viaggiava con un’ora circa di ritardo.
Il caos.
Mezzi di soccorso, Polizia, Carabinieri, Vigili del fuoco e infine l’Esercito.
Per dare qualche notizia i cronisti sono costretti a salire sulla cabina dei controllori di alcuni bus, dove un telefono per comunicare, c’è ancora.
Vite adulte e bambine spezzate, in quel maledetto sabato di agosto.
La più piccola, 3 anni, è di Angela Fresu.
La prima ipotesi circolata fu quella dell’incidente provocato dallo scoppio di una caldaia.
Ma la tesi non regge e in poche ore arriva la certezza.
“Attentato terroristico con una bomba ad alto potenziale”.
Tante le vite da soccorrere e da salvare.
Un autobus Atc della linea 37, la vettura 4030, diventa simbolo di quel giorno.
Si trasforma in un carro funebre, traghettatore di salme fino alla Medicina legale.
Il presidente della Repubblica Sandro Pertini, appena sul posto, si commuove davanti a quell’apocalisse.
Intorno a lui si spostano detriti, nella speranza di trovare vite ancora da salvare.
A sera, piazza Maggiore si riempie di gente che vuole verità e giustizia.
Per la strage di Bologna sono stati condannati in via definitiva, come esecutori materiali, gli ex militanti dei Nuclei armati rivoluzionari (Nar) Valerio Fioravanti, Francesca Mambro e Luigi Ciavardini.
Per i mandanti dell’attentato
si dovrà aspettare anni.
Per questo quarantesimo anniversario, ci sono finalmente i nomi.
Licio Gelli, Umberto Ortolani, Federico Umberto D’Amato, Mario Tedeschi.
Tutti morti.
Nessun processo.
La Procura generale, è arrivata alla conclusione che dietro la strage ci siano ‘Il Venerabile’ della loggia massonica P2, morto nel 2015 e una parte deviata dello Stato che ha coperto e sviato le indagini.
Gelli avrebbe agito con l’imprenditore e banchiere legato alla P2 Umberto Ortolani, suo braccio destro, con l’ex prefetto ed ex capo dell’ufficio Affari Riservati del ministero dell’Interno Federico Umberto D’Amato e con il giornalista iscritto alla loggia ed ex senatore dell’Msi, Mario Tedeschi.
I primi due sono indicati come mandanti-finanziatori, D’Amato mandante-organizzatore, Tedeschi organizzatore.
Gli esecutori, i Nar, già condannati.
Sono Giusva Fioravanti, Francesca Mambro, Luigi Ciavardini e Gilberto Cavallini.
I primi tre in via definitiva e l’ultimo in primo grado, dopo la sentenza all’ergastolo di gennaio.
Paolo Bellini, il ‘quinto uomo’, altro esponente dei movimenti di estrema destra, ex Avanguardia Nazionale, è indagato solo da quest’anno, con altre persone ancora “da identificare”.
Le indagini sono ancora aperte.
Collegare mandanti ed esecutori, non è stato semplice.
I magistrati e la Guardia di Finanza hanno seguito il flusso di denaro, tecnica usata per la prima volta da Falcone e Borsellino per le stragi di mafia.
Cinque milioni di dollari, è il presunto prezzo pagato per la Strage di Bologna ed i conti svizzeri, sono riconducibili a Gelli e Ortolani.
Le commemorazioni di questo quarantesimo anniversario, si sono aperte il 30 luglio alla presenza del presidente della Repubblica Sergio Mattarella.
È la prima visita di un Capo dello Stato dopo Sandro Pertini nel 1980.