RIZZOLI, MONTANELLI E L’AVARIZIA

DI PAOLO DI MIZIO

Ho incontrato Indro Montanelli solo tre o quattro volte nella mia vita. Era, giornalisticamente, il mio idolo. Uno dei nostri incontri fu casuale e avvenne in un ristorante di Roma, a Campo dei Fiori. Si chiamava La Carbonara e mi pare che esista ancora. Lui era da solo. Lo salutai e mi disse che, se volevo, potevo sedermi al suo tavolo.
Quella sera parlò sempre lui, ovviamente: io, giovane cronista trentenne, ero intimidito come un bambino davanti a un severo maestro.
Tra le altre cose mi raccontò un episodio della vita di Angelo Rizzoli senior, il fondatore dell’impero editoriale Rizzoli. Riferisco a memoria ciò che ricordo: alcuni dettagli potrebbero essere imprecisi.
Angelo Rizzoli senior aveva fatto poche scuole: era arrivato alla terza elementare. Ma come sappiamo, da stampatore che era, divenne il costruttore di un grande impero editoriale, e poi impresario edile e produttore cinematografico (io stesso ho lavorato per un certo periodo come giornalista nella sua Rizzoli Film, quando però il vecchio Rizzoli era già morto).
Di Angelo Rizzoli dicevano che era avaro. Ma gli avari in certe occasioni si trasformano, magari in silenzio, senza pubblicità. Rizzoli – mi raccontò Montanelli – comprò un terreno agricolo per due lire fuori Milano da un contadino che lo vendeva perché aveva grossi problemi economici, forse il raccolto quell’anno era andato distrutto dalla grandine o qualcosa del genere. Quel terreno fruttò a Rizzoli un mucchio di soldi: non ricordo bene come, ma mi sembra che da agricolo divenne edificabile e lui ci costruì dei palazzi.
Due anni più tardi, chiese a Montanelli di accompagnarlo in un certo posto, perché doveva “mettersi a posto con la coscienza”. Montanelli salì in automobile con lui senza sapere di che si trattasse e l’autista li portò alla casa di quel contadino che aveva venduto la terra.
Quando furono da lui, Rizzoli gli disse: “Guardi, io ho guadagnato un mucchio di soldi con quel suo terreno e l’ho pagato due lire. Ma non volevo derubare nessuno. Le ho portato un assegno. E’ più o meno il mio ricavo di un anno dal terreno. Le appartiene moralmente, lo prenda”.
Uomini così credo che in Italia non esistano più.