DI CLAUDIA SABA
“Vogliamo denunciare l’amarezza per le pesanti indiscrezioni che stanno emergendo circa la vita privata e lo stato di salute di Viviana, che purtroppo non può più difendersi. La donna stava sicuramente vivendo un periodo di reale affaticamento, ma non è emerso allo stato nessun elemento, neanche indiretto o latente, che possa far presupporre l’intenzione della stessa di uccidere suo figlio. Questa ipotesi dell’omicidio-suicidio appare forzata ovvero il ” commodus discessus “, la facile via d’ uscita, in considerazione del fatto che sembra assai improbabile che Viviana avrebbe percorso oltre 100 km per lanciarsi poi da un traliccio della corrente avendo tra l’altro a disposizione il terrazzo di casa e senza sottovalutare neanche il fatto che, la mattina prima di uscire, aveva messo in preparazione il sugo per il pranzo con marito e figlio”. Queste le parole degli avvocati Nicodemo Gentile e Antonio Cozza, legali della famiglia di Viviana Parisi, morta in circostanze ancora tutte da chiarire a Caronia, nel ragusano.
Chiedono silenzio.
E di lasciare che gli investigatori facciano il proprio lavoro.
Pongono inoltre dubbi sulle ricerche di Gioele, durate sedici giorni e trovato poi da un volontario.
Circa il tentativo di suicidio la cognata di Viviana ha riferito che la donna a giugno, avrebbe preso cinque o sei pillole chiedendo però immediatamente aiuto.
“Sarete d’accordo con chi scrive, che questo non costituisce un tentativo di suicidio” conclude l’avvocato Gentile che in passato ha tutelato anche la famiglia di Roberta Ragusa.