DI DANIELA YAYA DI CAMILLO
È di poche ore fa la notizia di un quattordicenne che picchia sua madre . Il titolo riporta la motivazione: geloso dei fratelli minori, nel testo leggiamo che la violenza si scatena per il rifiuto all’acquisto di un motorino. Come sempre la notizia tende a giustificare il gesto, a dare opinione e non informazione, diluendo così l’importanza di un fatto grave, che, negli ultimi mesi avviene frequentemente. Un figlio che ripete gesti gravi di non rispetto, non educazione, non capacità di relazionarsi in un contesto familiare dovrebbe essere sottolineato, cominciando proprio a dare le giuste responsabilità a chi ne è fautore e a chi, intorno, non riesce a tenere testa a un ragazzino che nulla chiede , se non avere la giusta scala di valori nella propria famiglia , secondo il ruolo di figlio. I nostri ragazzi crescono nella “mala educacion”, se non nell’assenza totale di quest’ultima. Tra giustificazioni di gesti relativamente di poca importanza e permisdivismo accompagnato da “è colpa della società, del governo o, delle istituzioni ” fino al padre assente o la madre disattenta. Vero, verissimo. Ma l’informazione? Quella che mostra la ventenne che scrive un libro senza mai averne letti, il ragazzo che scuoia cani, il politico che si accanisce contro prescindere e con i titoli giustifica i fatti inenarrabili della violenza domestica, quell’informazione non ha qualche responsabilità? Si la responsabilità è di tutti noi, come sempre e come sempre tutti noi scarichiamo il nostro coinvolgimento sociale su altri. Per educare un figlio forse basterebbe seguirlo, non farlo arrestare. I no ai propri ragazzi costano molta fatica in coerenza e lotte interiori. Ma sanno essere più educativi di qualsiasi carcere o comunità con sentenza e pregiudizio.