L’ INFERNO IN TERRA

DI CLAUDIO KHALED SER

Non hanno ancora incominciato a vivere.
Non cominceranno.
La vita dei bambini, nei Campi libici, é appesa ad un filo.
E quel sottile legame si spezza, per le violenze subite, per fame o per sete, per malattie banali che improvvisamente diventano letali.

Quanti sono i morti-bambini nei lager libici ?
Nessuno lo sa.
Spariscono, vengo sepolti fuori dal campo e di loro rimane solo una tomba di sabbia che il vento livella e fa scomparire nel nulla.

Bani Walid é il Campo della Morte.
Anzi, i Campi.
Sono più di una decina, a pochi km l’uno dall’altro.
Le milizie si spartiscono le vittime, le donne e i bambini sono i più richiesti, perché c’é un mercato degli schiavi e degli stupri.
Vengono venduti per pochi soldi e di loro si perdono le tracce.
Ma molti, non ce la fanno, muoiono nei Campi, per la violenza quotidiana degli aguzzini.
Gli anziani restano vivi un paio di giorni, poi il deserto li inghiotte.
Sono inutili, lo scarto degli scarti umani.

Fu a Bani Walid che comprai Omar.
Un pacchetto di sigarette.
La guardia si giro’ dall’altra parte ed io potei portarlo fuori.
Di corsa verso la vita, di corsa contro un destino segnato.
Lo affidai alla Mezzaluna Rossa con la promessa di mandarlo a Tobruk dove altri amici si sarebbero occupati di lui.
Oggi ha una famiglia, una casa, un futuro.
Lui ce l’ha fatta.
Centinaia d’altri li ho visti morire nelle tende, tra le lamiere di un rifugio, per strada.
Sono le Vittime Silenti.
Quelle di cui non si parla perché non c’é traccia.

A Khoms, nei capannoni del lager, i bambini vengono riuniti tutti in un’unica struttura, lontano dalle madri.
Arrivano i “soldati” li guardano, li scelgono, li comprano.
Spariscono.
Non chiedetemi cosa ne sarà di loro.
Non lo so, perché improvvisamente non sono mai esistiti e le mie domande cadevano nel vuoto, restando li’ immobili, sospese nell’aria.
Poi, con un gesto sprezzante della mano, con voce rabbiosa, le guardie mi urlavano “barra rawa” mostrandomi il fucile.
“Vattene via” e non mi restava altro da fare.

Tasni al Harbi si trova a circa 200 km a sud di Tripoli.
Sono prigioniere circa mille Persone .
Nessuno puo’ avvicinarsi al Campo, nemmeno l’UNHCR che più volte ha chiesto di soccorrere i prigionieri.
Noi ci eravamo accampati due o tre km prima, sull’unica strada che dal villaggio porta al lager; abbiamo visto camion colmi di Persone, sfrecciare verso il campo e ritornare vuoti.
La merce era stata consegnata.
Un beduino, in cambio di qualche dollaro, si offri’ di portarci verso nord a circa cinque km dal Campo.
Enormi buche nel terreno, parzialmente coperte di terra;un’odore nauseante di putrefazione;
Era la discarica di Tasni.
L’ultimo luogo dove venivano buttati i morti.
L’UNHCR apri’ un’inchiesta, chiese spiegazioni.
La risposta fu semplice e lapidaria : era spazzatura, solo spazzatura.
Cos’é un Uomo, rinchiuso in un lager quando non serve a nulla se non spazzatura ?

Certo……..le barche, i clandestini che ci invadono, i contagiati che ci contagiano…..
Ma loro, é da quella realtà che scappano, da quella morte, da quel destino.
E noi paghiamo per farceli restare, noi diamo soldi ai loro carnefici, noi bruciamo le loro barche e stringiamo quelle luride mani sporche di sangue.
Se veramente esistesse un dio, vorrei che maledisse chiunque sia responsabile di tutto questo e lo condannasse ad un inferno perpetuo.

Loro già lo stanno vivendo.