DI ALBERTO TAROZZI
Facciamo i confronti con noi. A parte il numero dei tamponi, di un quarto superiore al nostro, che riduce di un poco, dati alla mano, la pesantezza della situazione, rimane l’ingombro degli altri dati registrati oltralpe. Contagiati, da inizio covid: oltre 40mila più che da noi (quantunque con criteri di attribuzione della malattia al virus più stretti che da noi). Decessi giornalieri, venerdì, fortunatamente pochi, ma pur sempre il doppio dei nostri (19 a 9). Rianimazioni (venerdì) 5 volte più numerose delle nostre terapie intensive, per quanto le due variabili possano essere assimilate. Numero delle ospedalizzazioni (venerdì) quattro volte più elevato di quelle italiane.
Dicono che il sistema ospedaliero francese regge, ma si tratta di fenomeni soggetti a possibili devastanti crescite esponenziali.
Il giorno per giorno
Vietato leggere i quotidiani del giorno prima, se ti vuoi fare un’idea in tempo reale. Tre giorni fa conteggiare 5.500 nuovi casi al giorno faceva effetto. Ieri l’altro i numeri salivano a 6.300, ieri a 7.400. Oggi di nuovo 5.500: è iniziata la discesa? Aspettiamo che da noi si arrivi quanto meno a 2mila al giorno, se ci si arriverà, prima di fare paragoni.
Le ‘zones rouges’
Ma il fenomeno più rilevante, in Francia, sono le “zones rouges”: teniamo la dizione in lingua madre per ragioni che spiegheremo in seguito. Articolate sul territorio rappresentano quei Dipartimenti considerati come punti più caldi. Per la precisione, sui 101 Dipartimenti francesi, 52 sono considerati vulnerabili dal covid. Di questi, 21 vengono osservati con attenzione particolare in quanto vi si registra una “circolazione attiva del virus” ed è per questo che li si definisce “zones rouges”.
Come quando il rosso
Cosa deve dunque accadere, nel concreto, perché un Dipartimento sia considerato “zone rouge”. Certo va prestata attenzione anche alla situazione ospedaliera e ai decessi, fin qui apparentemente sotto controllo, ma vi è comunque una soglia che non va sorpassata. I 50 casi sui 100.000 abitanti. Qui l’ignaro lettore, se fa riferimento ai media italiani, rischia di non capirci nulla. Quasi nessuno segnala infatti che i 50 casi devono essere registrati nell’arco di una settimana, cosa che per i francesi appare ovvia, ma da noi molto meno.
Chiarito questo, nei Dipartimenti in oggetto, l’ultima settimana ha visto spesso l’insorgenza di oltre 60 casi al giorno (per 100.000 abitanti).
Come valutare i numeri
Vi pare poco? Facciamo un confronto col made in Italy. Più in particolare con Province italiane come Ravenna e Forlì-Cesena, investite da un vero e proprio tifone virale, prodottosi la notte del 15 agosto in una discoteca di Cervia con dentro 1500 persone. In entrambe le Province, nell’ultima settimana, l’indice oscilla tra i 35 e i 40 casi su 100mila abitanti. Aggiungete che la media nazionale di tutta la Francia è intorno ai 40 casi (media italiana = 15). Ne viene fuori che il francese medio corre rischi di contagio equivalenti all’italiano di Province in cui la sofferenza è tra le primissime..
“Zones rouges” o zone rosse ?
Avevamo premesso che il termine “zones rouges” andava meglio specificato. Non sono infatti luoghi blindati come avvenne a Codogno (e non avvenne a Nembro). Testimoniano non di meno una situazione di allarme: territori in cui vanno presi provvedimenti che alterano il normale andamento della vita quotidiana. Non a caso è la metropoli parigina la “Zone rouge” che desta maggiore scalpore, assieme al Dipartimento inclusivo di Marsiglia.
Prescrizioni senza sconti
Cosa vi può essere prescritto? Dalla mascherina anche negli spazi aperti, con multa di 135€ agli inadempienti, alla chiusura dei bistrot dopo le 23. Al divieto di assembramenti oltre le 10 persone a quello di spettacoli con oltre 5mila spettatori. Indicazioni contro le feste in famiglia in abitazioni congestionate. Sullo sfondo la possibilità di restrizioni ulteriori alla circolazione delle persone. Cosa cui peraltro stanno già provvedendo nazioni amiche come Germania e Belgio con l’imposizione di test al rientro per i loro vacanzieri sulla Costa Azzurra (altro polo di infezioni). Fin qui, niente di eccezionale. Potremmo parlare di dolci zone rosse della dolce Francia, se non fosse per il clima politico.
Rischio-incubo lockdown
Al di là dei numeri ci sono infatti alcuni esternazioni su cui è opportuno riflettere. Fino a poche settimane fa Macron sosteneva che il paese non si doveva fermare, covid o non covid. Il Primo Ministro Castex però, in seguito, aveva sostenuto che bisognava fare tutto il possibile per evitare il lockdown generalizzato (leggi: il lockdown non si può escludere). Ieri Macron lo ha detto esplicitamente.
La sensazione, giorni fa, era che il Presidente pensasse ancora di ribaltare le recenti sconfitte elettorali, presentandosi come il fautore di una politica vincente all’insegna dell’ottimismo. Oggi, quando dice che le mascherine bisogna tenerle pure se non piacciono neanche a lui, pare piuttosto l’espressione di slogan del tipo “speriamo che io me la cavo”. Scuole aperte? Come no, purché…. Tour de France ? Bien sur que oui. Si parte, ma dove si arrivi non è certo.
Mini nazionalismo italiano
Per concludere una bieca considerazione di taglio nazionalistico. Pare che fino a ieri, sulla Costa Azzurra, gli italiani si potessero distinguere dagli indigeni in quanto unici a portare la mascherina: come se fossero le tremebondi vittime del terrorismo mediatico in mezzo ad un popolo paladino del libero arbitrio individuale.
Oggi, nel peggiore dei casi, potremo essere visti come un popolo di risparmiatori, che non hanno nessuna voglia di sborsare 135€ di multa per l’anima di non si sa cosa.
Nell’attesa di un futuro dai colori incerti.
A proposito di colori, a quanti sono arrivati i casi di covid oggi, in Italia? Che ci sia o non ci sia un futuro dai colori bianco, rosso e bleu, davanti a noi, è tutto da verificare. Tiriamo avanti.