DI STEFANIA DE MICHELE
Li ha guardati tutti negli occhi prima di vederli morire: una sterminata platea di vittime, che gli è valsa la condanna all’ergastolo per crimini contro l’umanità da parte di una corte delle Nazioni Unite.
Una pagina di storia che Kaing Guek Eav, meglio conosciuto con il soprannome di compagno Duch, si è portato nella tomba all’età di 77 anni.
Lui, il capo della famigerata prigione di Tuol Sleng in Cambogia, dove i Khmer rossi hanno torturato e ucciso almeno 15mila persone alla fine degli anni ’70, è morto.
Kaing Guek Eav è stato uno dei protagonisti del genocidio cambogiano, il primo avvenuto dopo la guerra mondiale, tra il 17 aprile 1975 e il 7 gennaio 1979: secondo una stima approssimativa, due milioni di uomini, donne e bambini giustiziati direttamente dai Khmer rossi di Pol Pot, lasciati morire nei campi di lavoro forzati o uccisi dalla carestia di quegli anni.
Come Otto Adolf Eichmann, militare e funzionario tedesco considerato uno dei maggiori responsabili operativi dello sterminio degli ebrei nella Germania nazista, anche Duch aveva dichiarato davanti ai giudici di aver ubbidito agli ordini impartiti dal regime, di cui Pol Pot (morto nel ’98) era il massimo responsabile. “Ho seguito con rispetto e rigore quello che mi è stato ordinato”, aveva detto il torturatore in una delle sue ultime dichiarazioni pubbliche alla corte.
La scuola degli orrori di Phnom Penh
Dove c’era la prigione degli orrori, adesso c’è il Museo del genocidio di Tuol Sleng, inserito nel 2009 dall’Unesco nell’Elenco delle Memorie del mondo.
Nell’ex scuola superiore di Phnom Penh sono stati inizialmente internati, torturati e uccisi i “nemici borghesi” e gli oppositori definiti “collaborazionisti degli americani”. Dopo la crisi e la carestia del 1977, con il regime in discussione pe l’efficacia della sua politica agricola, la repressione riguardò i “deviazionisti” dell’ortodossia polpottiana.
A Tuol Sleng (l’edificio venne ribattezzato Ufficio di Sicurezza 21 -S-21) la tortura era perpetrata attraverso l’elettroshock, ferri incandescenti, corde di contenzione e impiccagione. Ma i prigionieri venivano seviziati anche con l’immersione nell’acqua, ferite con armi da taglio, pestaggi e fustigazioni, strappamento delle unghie e dei denti.
Circa 15mila persone sono morte nella prigione sulla “collina del mango selvatico” (traduzione dalla lingua Khmer di Tuol Sleng).
I Khmer rossi
I Khmer rossi erano le milizie rurali del Partito Comunista di Kampuchea prima e del Partito della Kampuchea Democratica dopo, in Cambogia. Erano attive dal 1975 al 1979 e guidate da Pol Pot, Nuon Chea, Ieng Sary, Son Sen e Khieu Samphan.
La formazione si era alleata con il Vietnam del Nord, i Viet Cong, e Pathet Lao durante la Guerra del Vietnam contro le forze anti-comuniste.
Dopo la conquista del potere e il ritiro degli Stati Uniti dalla regione, i Khmer rossi cominciarono la loro opera di “purificazione della Cambogia”. Il massacro riguardò inizialmente le classi dirigenti e più colte, poi si estese ai dissidenti (in 5 anni venne eliminato quasi un quarto della popolazione cambogiana).
Il nome dello Stato controllato dal governo dei khmer rossi dal 1975 al 1979 era Kampuchea Democratica.
Solo tre ex Khmer rossi sono stati condannati dal tribunale Onu: il compagno Duch, il capo del regime Khieu Samphan e il secondo in comando di Pol Pot, Nuon Chea.
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