COSA C’È DIETRO IL “RAPIMENTO” DI UN PROFILO

DI CLAUDIA SABA

Martedì 15 settembre.
Ore 19.30.
“A cosa stai pensando?”, mi chiede facebook.
Sto quasi per raccontare i miei pensieri.
Le impressioni sulla scuola appena cominciata, su banchi si e banchi no, se con o senza rotelle.
Sulla presenza di vita appena scoperta su Venere.
Poi un gruppo, un mi piace ed è “lockdown”.
Il mio profilo scompare.
Insieme a 25.960 foto, mille pensieri, poesie, post e commenti.
Volti conosciuti e non, amici virtuali e veri, “momenti” con e contro qualcosa o qualcuno.
Tutto finito, svanito nel nulla.
12 anni di ricordi che non avrei più ricordato, compleanni degli amici e parolacce degli stessi che in quel momento mi apparivano come i più belli al mondo.
Ma non ti puoi arrendere davanti a tale disgrazia.
Provi e riprovi.
Password dimenticata.
È niente. Solo panico di non ritrovarti più.
Ma come puoi ricordarti una password in un momento tale di dolore?
Niente. Pagina bloccata senza sapere perché.
Fino a quando, stanca di provare, decido di uscire dal profilo.
Apro la posta.
E c’è una mail di Mark Zuckerberg che mi aspetta.
Sono così emozionata mentre la apro.
La leggo e le sue parole mi gelano.
“Abbiamo disattivato il suo account.
Invii un video per provare la sua identità”.
Perplessa, mi chiedo perché mai occorra un video per dimostrare chi sono.
Eppure dovrebbero fidarsi dopo 12 anni trascorsi insieme e un mio documento d’identità.
Delusa faccio il video richiesto.
Lo invio.
Nessuna notizia.
Il silenzio più assordante.
La mia pagina resta vuota e spenta per tutta la notte e il giorno successivo.
Ogni tanto provo a rientrare ma niente.
Questa mattina, all’alba, chiamo la polizia postale.
Mi ascoltano.
Prendono tutte le informazioni necessarie.
Passano i minuti. Trenta per l’esattezza.
E all’improvviso riappare la mia faccia.
La vedo passare nella timeline del mio secondo profilo.
Che emozione rivedermi.
Che piacere ritrovarmi così sorridente.
Nei miei ricordi, foto di tanti anni fa, tra parole che accompagnano sempre certi momenti.
Mi riapproprio di me.
È un emozione indescrivibile!
Un messaggio di ‘assistenza’ mi avvisa che “un amico” ha segnalato che il mio profilo a suo avviso, è falso.
Grazie amico, chiunque tu sia.
Lo so chi sei ma non lo dirò.
Mi aspettavo la richiesta di un riscatto per riavere tutto indietro.
E invece mi sono vista presentare un conto diverso.
Fatto di cattivi.
Di frustrati che si sentono grandi solo quando pensavo di farti male.
Sono lì a guardare senza farsi notare, a farti persino i complimenti a volte.
Per colpirti alle spalle quando meno te lo aspetti.
Caro amico sconosciuto, voglio dirti grazie.
Quelli come te restituiscono il giusto valore a tante cose preziose che possediamo, di cui ci ricordiamo solo quando le crediamo perse.
A parole sussurrate quando siamo tristi i felici.
Alle sfide e conquiste che a volte dimentichiamo.
E invece eccole.
Sono tutte qui.
E mentre le ritrovo penso che persino tu, caro amico, sei prezioso.
Perché vuol dire che leggi e guardi.
Che ci sei, anche se nel modo sbagliato.
Dietro il “rapimento” di un profilo c’è sgomento.
Ma c’è anche la consapevolezza di “essere”.
E sono proprio i “cari amici” a ricordarcelo.