DI EMILIANO RUBBI
C’è un’analisi molto interessante da fare, in questo mercoledì post-voto, ed è quella sulla distribuzione dei SÌ e dei NO al referendum sul territorio.
Come sapete, il SÌ ha stravinto con quasi il 70% di preferenze, ma il NO è riuscito ad affermarsi solo in alcune zone ben precise e delineate: le aree più benestanti delle grandi città del centro e del nord.
Il NO ha vinto solo nei quartieri più ricchi e centrali di Roma, Firenze, Bologna, Torino, Milano e via dicendo.
Al sud, invece, ha perso praticamente ovunque.
Una prima analisi potrebbe portare a pensare che si possa trattare del famoso “effetto ZTL”, quello che negli ultimi anni ha portato il centro sinistra alla vittoria solo nelle zone più ricche del paese.
E probabilmente è vero che, ovviamente, laddove si vive meglio c’è meno tendenza a voler cambiare lo status quo, così il voto “conservativo” prevale.
E le percentuali estremamente maggiori di SÌ al sud lo confermerebbero.
Ma stavolta c’è un “però” grosso come una casa: le statistiche ci confermano come, in tutte le zone con più alta concentrazione di persone in possesso di un titolo di studio superiore, la percentuale dei NO cresce di conseguenza, anche dove non vince.
In pratica, stavolta non si tratterebbe solo della solita contrapposizione tra “ricchi” e “poveri”, quanto tra persone che hanno studiato e persone che non hanno avuto modo di farlo.
Attenzione: non sto dicendo che chi ha votato SÌ sia per forza un ignorante (hanno votato SÌ anche diversi costituzionalisti), ma che, statisticamente parlando, il NO è stato estremamente più popolare tra i laureati, mentre è stato praticamente ignorato dalle fasce meno scolarizzate.
Il problema, quindi, non è, come purtroppo leggo scrivere in giro da tanti, quello di togliere agli ignoranti il diritto di voto, quanto, ancora una volta, quello di innalzare la cultura media del nostro paese.
Siamo il paese con la più bassa percentuale di laureati in Europa, subito dopo la Romania.
Siamo il paese in cui, secondo uno studio dell’Ocse, c’è la maggior incidenza del fenomeno dell’analfabetismo funzionale in Europa, assieme alla Spagna.
Siamo il paese europeo nel quale la percezione dei cittadini su alcuni fenomeni del nostro tempo, come l’immigrazione, è in assoluto più distante dalla realtà numerica dei fatti.
In pratica: attualmente siamo un popolo che non studia, non approfondisce, non capisce quello che legge e si lascia convincere da ogni bufala in circolazione.
Ecco, capisco che forse è più divertente sparare a zero sugli italiani ignoranti e lamentarsi del fatto che anche loro votano, ma se vogliamo davvero fare il bene del nostro paese, io direi che qualsiasi forza che si voglia definire “di sinistra” dovrebbe ripartire da qui: dall’istruzione.
Sempre che interessi davvero a qualcuno, naturalmente.
REFERENDUM, DOVE C’È PIÙ CULTURA HA VINTO IL NO