DI IGNAZIO CORRAO
La proposta del nuovo patto migratorio della Presidente Von der Leyen a confronto con la proposta della Commissione Juncker del 2015.
Mercoledi la presidente della Commissione Europea ha annunciato un nuovo patto migratorio presentando le nuove linee guida per la futura gestione dei Migranti in Europa. Con toni accessi e spesso decisi si è prodigata a sottolineare l’approccio “pragmatico e realistico” di questa nuova proposta.
Il documento programmatico è stato svelato nel dettaglio a Bruxelles dal commissario per gli Affari interni, la socialdemocratica svedese Ylva Johansson; dal Vicepresidente della Commissione, Margaritis Schinas
Cosa prevede la nuova proposta?
Procedure più rapide ed efficienti ai confini. Per la prima volta, si legge nella proposta, verrà istituito uno screening completo prima dell’ingresso nel paese, quando finora l’unico obbligo è stato quello di prendere le Impronte digitali. Verrà valutata la situazione sanitaria e quella relativa alla sicurezza. I dettagli di registrazione verranno inserite nel database Eurodac. Quindi la persona verrà indirizzata verso la procedura più appropriata. Saranno prese “rapide decisioni sull’asilo o sul rimpatrio, così da dare una rapida certezza per quelle persone i cui casi possono essere vagliati rapidamente”. Dodici settimane, non di più, indica Johansson. Ci sarà inoltre un monitoraggio più stringente ai confini da parte delle agenzie europee, con modernizzazione dell’infrastruttura digitale;
•Un sistema di “contribuzione flessibile” al meccanismo di solidarietà. Tutti dovranno fare la loro parte, soprattutto in momenti di crisi. Gli Stati potranno scegliere se accettare il ricollocamento di migranti da paesi di frontiera come Italia, Spagna, Grecia o Malta, oppure altre forme di supporto logistico o operazionale. Queste ultime si chiameranno “return sponsorship“: gli Stati membri faciliteranno il ricollocamento di migranti in altri Paesi europei, da dove verranno rimpatriati se giudicati non idonei a restare in Europa. Si parte su base volontaria, ma in caso di aumento di pressione ai confini il meccanismo verrà reso obbligatorio. Tre gli scenari previsti: situazione di crisi; salvataggio in mare; rischio di aumento della “pressione” migratoria;
•Accordi bilaterali ad hoc con i paesi terzi, inclusa la definizione di nuovi canali legali di immigrazione, implementazione di partnership per individuare i “talenti”di cui l’Europa ha bisogno e, last but not least, degli accordi di rimpatrio;
•Un meccanismo comune di rimpatri. Previsto un nuovo quadro legale, un ruolo rafforzato della Guardia Costiera europea, che dovrebbe essere operativa dal 1 gennaio 2021, e la nomina di un Coordinatore europeo per i rimpatri, affiancato da funzionari dei vari paesi.
•Meccanismo di monitoraggio indipendente di eventuali violazioni dei diritti umani ai confini.
Ricordo che il patto non ha ancora forza di legge e dovrà essere discusso, emendato ed eventualmente approvato da Parlamento e Consiglio europeo.
Criticità e confronti
Il regolamento di Dublino è la chiave di volta dell’attuale sistema su cui si sono cristallizzate le tensioni. Assegna al primo paese di arrivo di un migrante la responsabilità di processare la sua eventuale domanda di asilo.
Ancora una volta resta il nodo al pettine non risolto già dalla Commissione Juncker che a differenza della Von der Leyen introduceva anche il criterio di obbligatorietà nella ripartizione dei migranti, cosa mai avvenuta per l’opposizione degli stati membri.
Il punto su cui bisognava intervenire drasticamente nella proposta è incentrato nel porre rimedio al famigerato articolo 13 di Dublino che attribuisce la responsabilità dell’asilo al primo paese in cui il migrante mette piede. Grazie a quell’articolo i partner europei possono scaricare su Italia e Grecia la responsabilità dei migranti sbarcati in Sicilia o a Lesbo. Ricordiamoci che Francia e Germania arrivano addirittura a restituirci quelli entrati nei loro territori dopo essere fuggiti dai nostri centri di accoglienza.
Resta da vedere come la Commissione Europea intenderà convincere i leader del blocco di Visegrad. La pressione è tanta. Due giorni prima dell’annuncio del nuovo Patto, il cancelliere austriaco Sebastian Kurz ha ribadito la sua opposizione ad ogni ridistribuzione di migranti – la cui obbligatorietà è fortemente voluta (o almeno cosi sembra) dalla Germania, presidente di turno del Consiglio europeo e voilà che nel testo appena presentato spunta la parola solidarietà e non obbligatorietà.
Il nocciolo della questione che si evince da quest’ultima proposta sembra essere la protezione dei confini, un dejà vu della proposta Juncker che ai tempi parlava di polizia europea alle frontiere, una proposta di difficile attuazione visto la permeabilità delle frontiere e l’impossibilità geopolitica d’invadere gli spazi marittimi nelle coste africane o turche
Altro elemento è la questione timing per le procedure d’asilo. La Commissione dichiara di voler accelerare le tempistiche delle procedure di asilo, così da determinare rapidamente se una persona è manifestamente idonea, onde evitare che i richiedenti asilo passino anni senza sapere cosa ne sarà di loro in centri come quelli di Lampedusa, Caltanissetta, Agrigento, Porto Empedocle e tutti quelli che le cronache quotidiane ci raccontano. Ricordo bene che nel 2016, all’atto dell’inaugurazione del campo di Moira in Grecia, l’Unione lo dipinse come un campo modello da dove gli aventi diritto all’asilo sarebbero immediatamente partiti verso altri Paesi europei mentre gli irregolari sarebbero stati rispediti in Turchia o a casa loro. Ma sappiamo tutti com’è finita.