DI SERENELLA CALICCHIA
Abito a pochi metri dalla scuola elementare “storica” della città’ e devo dire che quelle vocine squillanti che mi entravano in casa sin dal primo mattino, mi sono mancate tantissimo nel lungo periodo del lockdown.
Oggi l’austero portone, finalmente, riapre.
L’impatto visivo emoziona e commuove. Non che non mi sia capitato di vedere bambini con la mascherina, ma mai così tanti e tutti insieme.
Mi sono fermata a guardarli per qualche minuto fino a quando il suono della campanella li ha chiamati tutti dentro.
Quella che troveranno non sarà più la scuola di prima. Tante le incertezze, le limitazioni, le incognite, le novità.
Il famoso compagno di banco tanto caro a decine e decine di generazioni, non c’è più.
Per rimanere sani occorre essere soli. Sembra quasi lo slogan di uno spot pubblicitario.
Tutti hanno avuto un compagno di banco che e’ stato sostegno e confidente ma anche stronzo e saputello; quello che prestava il libro dimenticato a casa, che imploravi di farti copiare, che ti ha fatto prendere la nota per le troppe chiacchiere, che suggeriva durante le interrogazioni alla lavagna, che consolava per il brutto voto preso…
Io me la ricordo ancora la mia
amichetta cicciottella con le lunghe trecce castane. Ne devo avere anche una foto dentro qualche cassetto: io e lei sorridenti nel banco, la carta geografica del mondo alle spalle, il fiocco tricolore sul bianchissimo grembiule, la penna fra le dita serrata con una certa importanza.
Si chiamava Gloria. Quanti segreti sono rimasti nel banco che abbiamo condiviso per tutti i cinque anni delle elementari! Quanta spensieratezza bella. E proprio in questo stesso edificio che adesso contemplo in tutta la sua bellezza che è poi quella del ricordo…
Poco più in là, un piccolo giardinetto.
Seduto su una panchina, uno strano tipo parla col busto marmoreo che ricorda un amato dottore.
Ha in mano una pipa e col piede schiaccia le foglie. Avrà 90 anni e forse anche di più.
Lo vedo sorridere di quel crepitio che rompe il silenzio del posto.
Sono indecisa fra piangere o sorridere pure io.
Perché? Lasciamo stare.
Certe cose sono più facili da fare che da spiegare. Noi emotivi siamo così e d’altro canto Baudelaire diceva che e’ la nostra genialità.
In eterno bilico tra nostalgie e malinconie. Ma anche innocue follie…
Dicevo, sono indecisa.
Nel dubbio mi siedo su una panchina poco distante da quella occupata dall’anziano signore e inizio anche io a schiacciare foglie col piede.
Lui parla alla statua. Io scrivo su Facebook.
“Il mondo non è meno strano fuori dei manicomi che dentro.”