PER LA SERIE “IN RIANIMAZIONE NON CI VA PIÙ NESSUNO”

DI LEONARDO CECCHI

Roberto Giacobbo, che conosciamo tutti, così ha raccontato ieri:

“Sono stato in rianimazione. Avevo confuso i sintomi e sono arrivato all’ultimo stadio. Ho affidato il mio corpo completamente nelle mani dei medici. Potevo muovere solo gli occhi. Ero a un passo dalla fine.

Qualcuno mi ha trasmesso il virus, probabilmente mentre ero al supermercato. Purtroppo, una laringite ha falsificato i sintomi. Avevo la febbre alta, non stavo bene. Ho comprato un pulsometro per misurare l’ossigenazione del sangue. Una mattina ho sentito una maggiore difficoltà nel respiro e dopo poche ore l’ossigenazione era crollata. Sono corso in ospedale.

Mi hanno tolto tutto, anche la fede nuziale. Ho pensato che sarebbe stata l’ultima cosa che avrebbero avuto le mie figlie e mia moglie. Non avrebbero potuto piangere neanche il corpo.

Ho attaccato il virus a mia moglie, la più grave anche se non è stata ricoverata e alle tre mie figlie: la più piccola asintomatica, la seconda con la mancanza di gusto e olfatto, la più grande con febbre alta.

Adesso – adesso che è guarito, ndr – tutto è più bello, sono felice. Ogni respiro è più bello”.

Raccontare queste storie non significa fare terrorismo: significa ricordarci che dobbiamo essere maturi e pensare che una cavolata, una disattenzione qualunque, potrebbe portare noi e chi amiamo a pagare un prezzo altissimo. Evitiamo e stiamo un po’ attenti, che ne beneficiamo tutti.