DI LUA BAGATIN
Il 4 ottobre 1993 i commandos russi, su ordine di Boris Eltsin, bombardarono il Parlamento, ovvero il Congresso dei Deputati del Popolo.
Fu il culmine del golpe bianco liberale contro la Repubblica Socialista Federativa Russa (RSFR).
Quasi 2500 le vittime.
Il tutto nacque con la crisi costituzionale del 21 settembre 1993, allorquando Eltsin, Presidente della RSFR, decise di sciogliere il Congresso dei Deputati del Popolo e il suo Soviet Supremo, accusando i deputati di essere “troppo comunisti”.
Un atto totalmente incostituzionale, autoritario, golpista, ma fatto passare dai media occidentali come un atto di grande democrazia, così come ogni nefandezza di Eltsin. Ovvero il piano di svendita del patrimonio statale sovietico e la sua conseguente spartizione fra oligarchi e criminali.
Il Parlamento russo si oppose a tale piano definito “riformista”.
Il Vicepresidente Aleksandr Ruckoj – che si pose a difesa del Parlamento – denunciò il programma liberale di Eltsin definendolo una forma di “genocidio economico”, anche in quanto impoverì drammaticamente e drasticamente la popolazione.
Il Parlamento – dopo la richiesta di scioglimento – si affrettò dunque a sostituire Eltsin con Ruckoj, ma il Presidente rispose, dal 3 al 4 ottobre, inviando le forze speciali e i carri armati, bombardando la sede della democrazia sovietica, con i deputati chiusi all’interno.
Durissimi gli scontri, anche di piazza, fra le forze speciali e cittadini scesi a difendere – con tanto di bandiere rosse con la falce e martello e ritratti di Lenin in mano – la legittimità del Parlamento e ciò che rimaneva delle conquiste socialiste e sovietiche.
Nonostante la resistenza popolare eroica, le forze di Eltsin accerchiarono la Casa Bianca, sede del Parlamento, che fu conquistata.
Il resto è Storia che conosciamo.
Se da una parte gli oppositori al golpe liberale eltsiniano si riunirono nel Fronte Patriottico, composto dai comunisti di Zjuganov, dai nazionalbolscevichi di Limonov (il quale partecipò attivamente alla difesa del Parlamento) e da elementi nazionalisti, l’oligarchia ebbe la meglio.
In Russia il comunismo – che dal 1917 aveva emancipato il popolo – fu, se non bandito, considerato alla stregua del fascismo. E continuarono le svendite di Stato e lo smembramento delle Repubbliche ex sovietiche, ormai preda di oligarchi, affaristi, mafiosi e neonazisti. Una svendita ancora per nulla terminata con il passaggio delle consegne da Eltsin a Putin, che ha proseguito nello smantellamento del sistema sociale e economico sovietico.
Il 3 ottobre scorso, a Mosca, si è tenuta una commemorazione degli eroi della resistenza al golpe di Eltsin, presso il monumento dedicato ai difensori della Casa Bianca. Erano presenti le forze della sinistra patriottica russa, fra cui il partito nazionalbolscevico “L’Altra Russia di Eduard Limonov”, che hanno ricoperto il monumento di garofani rossi, simbolo del socialismo.
Luca Bagatin