DI LIDANO GRASSUCCI
Se mi atteggiassi a “capiscione” di teatro sarei spergiuro, se mi permettessi citazioni da critico rifinito sarei ridicolo, ma…
Ero giovane liceale, liceale fresco, e avevo la curiosità di capire, di entrare, di stare al mondo. Certo non coltivi la curiosità con la noia, ma devi fare passo passo e devi sorprenderti. Andai con i miei amici al Teatro Tenda piazza Mancini a Roma, davano “A me gli occhi plaese” di Gigi Proietti. Per quanto ero acerbo non sapevo neanche dove guardare, eroi figlio del cinema e della tv e non “capivo la profondità”, pensavo che recitare, se non in chiesa, fosse piatto.
Lui aveva un baule e da li tirava fuori storie, personaggi, mondi, linguaggi. Lui solo con quella faccia da… da papalino. Si perchè vedete c’è una faccia papalina quella di Petrolini, di Proietti, di Nino Manfredi. Facce scavate dal Tevere, facce con i ruderi.
Un uomo con un baule, e dal baule meraviglia su meraviglia. Ho capito cosa vuol dire istrione, ho capito come si legge una faccia a teatro. Mi ha spiegato Colombina, Balanzone, Arlecchino, mi ha dato lezione sulle tante manifestazioni di teatro e fede popolare dei riti del venerdì santo.
Al cinema Mandrake, in Febbre da cavallo, mi ha accompagnato in un mondo che poi avrei reincontrato: quello dei cavalli. Il personaggio è l’umanità umana, quella del bar, quella della passione e i cavalli per Mandrake erano una ossessione, per quel mondo erano una ragione. Ma ogni uomo ha una “passione che lo farà cadere”.
Mai banalità, poi l’ho rivisto in mille e mille modi, l’ho gustato con il fascino di chi ha empatia con la gente che guarda, che ascolta, che segue la scena.
Ha fatto scuola, ma non maestrava, ma la sua faccia che “assomigliava”, che trovavi per strada tra la gente. Faccia papalina, faccia di questa terra dove mise su casa Dio per i suoi affari su questa terra creando gente capace di ridere anche mentre muore “e’ la vecchiaia e non c’è nulla da fare”, diceva lui.
Se n’è andato ma ancora adesso quando scrivo una storia, confesso, apro quel baule che ho visto sotto una tenda nel ’76.
FATTOALATINA