DI VIRGINIA MURRU
Il tessuto produttivo, mentre la pandemia continua a imperversare, anche a livello globale, presenta il conto di un’emergenza che ormai dura da quasi un anno. L’Istituto Nazionale di Statistica comunica che gli ultimi dati sulla produzione industriale peggiorano per il Paese.
Ma del resto non si tratta di fulmini a ciel sereno per il settore industriale, bersagliato dalle conseguenze derivanti dalle misure di contenimento dei contagi.
Si tratta pertanto di dati che segnalano un trend di flessione per l’industria italiana, un rallentamento certo previsto, considerata la congiuntura negativa in atto, ma è in ogni caso un allarme, specie dopo i dati relativi al calo della produzione nel mese di settembre.
La flessione, secondo l’Istat, riguarda anche il fatturato e gli ordinativi, sempre con mese di riferimento settembre. Nello specifico, rispetto al mese di agosto, ossia in termini congiunturali, diminuisce del 3,2%. Quello che emerge dall’analisi di questo rendiconto, è che non soltanto è finita la tregua per quel che riguarda la curva dei contagi nei mesi estivi, ma anche la ripresa economica, che proprio nel trimestre giugno/agosto si era rilevata, con l’attività del settore industriale che aveva registrato risultati incoraggianti, in termini di fatturato e ordinativi.
Secondo il comunicato, a settembre, infatti, si stima che il fatturato, al netto dei fattori stagionali sia diminuito di oltre 3 punti percentuali, “interrompendo la dinamica positiva registrata nei quattro mesi precedenti, ovvero tutto il periodo estivo”. L’indice complessivo (nella media del terzo trimestre) risulta in crescita del 33,4%, rispetto al secondo trimestre.
Il calo congiunturale interessa anche gli ordinativi destagionalizzati, a settembre, che risulta di più ampia misura rispetto al fatturato (-6,4%), mentre sono aumentati del 40,7% nella media del terzo trimestre, sempre rispetto a quello precedente.
Performances negative dovute alla ‘sofferenza’ del mercato interno: -4,9%, dato che si riferisce alla dinamica congiunturale del fatturato – e di un aumento pressoché irrisorio del mercato estero: 0,2%. Il calo degli ordinativi invece è dovuto ad entrambe le variabili, quella interna ed estera, per quel che concerne il calo congiunturale: il primo -5,7% e il secondo -7,3%.
Nello specifico, a settembre, gli indici destagionalizzati del fatturato mettono in evidenza un aumento congiunturale relativo solo ai beni strumentali, e anche lieve: +0,9%, gli altri raggruppamenti segnalano cali piuttosto marcati: -3,5% per i beni di consumo e -5,6% quelli intermedi. L’energia presenta un calo del 7,3%.
L’Istat precisa che i giorni lavorativi, corretti per gli effetti del calendario, sono stati 22 contro i 21 di settembre, in termini tendenziali. Va giù il dato sul fatturato totale in termini tendenziali, del 4,6%, valore che presenta riflessi simili sia per il mercato interno che estero.
Il vento della crisi non sembra aggredire con forti raffiche il fatturato delle multinazionali, che risultano, secondo i dati comunicati dall’Istat, ancora in crescita: con +3,8% in Italia e +3,3% all’estero.
L’Istituto sottolinea inoltre che le imprese a controllo estero sono di gran lunga più grandi di quelle domestiche, con 93,2 addetti le prime e 75,1 addetti le seconde.
Per quel che riguarda la produttività, le multinazionali estere che operano in Italia, presentano dati molto più alti rispetto alle imprese a controllo nazionale: 86,2 mila contro 50,7 mila euro.
Nel biennio 2019/20 quasi la metà dei maggiori gruppi multinazionali italiani operanti nell’industria, e il 40,9% di quelli relativi ai servizi, hanno dichiarato di avere investito all’estero, con ‘investimenti di controllo’.