DI CRISTINA PEROZZI
Ieri – per la prima volta nella storia giudiziaria delle vittime di violenza – lo Stato Italiano ha ammesso i suoi errori e si è impegnato a risarcire i figli di Marianna Manduca.
Cosi infatti ha dichiarato Giuseppe Conte durante la conferenza stampa tenutasi a Palazzo Chigi, in occasione della Giornata internazionale contro la violenza sulle donne.
“Sono Marianna Manduca, la mia è una storia vera, fatta di violenze, sopraffazioni e quotidiane umiliazioni.
Il mio ex non riesce a tollerare che io abbia alzato la testa, lasciandolo e denunciando le violenze.
Per questo ha deciso, per ritorsione e vendetta, di colpirmi nell’unico mio vero punto debole: i figli.
Allego 12 querele”.
Parole scritte in un memoriale diretto al Tribunale per i Minorenni di Palermo da questa annunciata vittima di femminicidio, prima di essere uccisa a coltellate dall’ex marito Saverio Nolfo, che lei aveva denunciato tante volte.
Al padre i giudici avevano persino affidato i figli, e così Marianna aveva scritto per supplicarli che le fossero restituiti i suoi tre bambini, tutti in tenera età.
“Lui mi diceva: denuncia, tanto nessuno ti crederà.
Mi diceva che nessuno mai avrebbe creduto alle mie storie, perché lui era più furbo dei giudici”.
La condizione di Marianna peggiorò di giorno in giorno sotto gli occhi di tutti quelli che avrebbero dovuto aiutarla.
“Non uscivo più di casa.
Aspettavo la mia razione quotidiana di botte, rassegnata.
Lo facevo per evitare che quella bestia rivolgesse le sue attenzioni contro i miei genitori e contro i miei figli.
La mia formazione culturale, l’ambiente in cui avevo sino ad allora vissuto, non mi aveva preparato a tanto.
È per questo che non ho mai avuto il coraggio di raccontare ad anima viva quello che stavo vivendo.
Provavo una infinita #vergogna”.
Dopo che i giudici collocarono i tre figli dal padre, Marianna non li riebbe più indietro.
“Da allora non li ho più rivisti.
Il Giudice ha preferito affidarli al mio ex marito, consentendomi di tenerli con me solo tre volte alla settimana per tre ore”.
I bimbi vivevano col padre in un’abitazione indecente e Marianna non comprese mai perché, dopo le molteplici denunce e un ordine di allontanamento, non le fu permesso di riavere i suoi figli che tra l’altro soffrivano moltissimo la sua mancanza.
Il più piccolo quando mi vede arrivare corre tra le mie braccia, e non vuole saperne di tornare a casa dal padre.
Molte volte fa finta di addormentarsi proprio quando è ora di tornare”.
Le ingiustizie continuarono.
“Dopo essersi reso conto che i miei figli cominciavano a manifestare la loro voglia di venire a stare con me – scrisse Marianna – ha cominciato a impedirmi di fatto il mio esercizio del diritto di visita in maniera sempre più violenta.
L’unica mia speranza era il giudice della separazione, il cui procedimento era stato da me stessa invocato.
Ma è stato tutto vano e allo stesso tempo incredibile.
Molte volte ho pensato che forse sarebbe stato meglio non denunciarlo.
Ma è una debolezza che dura solo qualche minuto”.
La storia di questo femminicidio, preparato in anni di violenze e abbandono istituzionale, fa ancora indignare.
Marianna Manduca venne uccisa a 32 anni dal marito nel 2007 e l’Italia fu di conseguenza condannata a risarcire i tre figli proprio perchè, nonostante le dodici denunce della donna alla Procura di Caltagirone ed un ordine di allontanamento, le istituzioni non furono in grado di proteggerla.
Dopo anni di errori giudiziari e una grave sottovalutazione della vicenda, Marianna finì vittima di femminicidio ad opera dell’ex marito.
Accadde il 3 ottobre 2007, nonostante Marianna, che si stava separando, avesse denunciato di essere stata più volte minacciata dal coniuge con un coltello.
La Procura di Caltagirone non le credette, e non dispose perquisizioni, né tantomeno il sequestro dell’arma.
Su ricorso del Governo Italiano, la Corte d’appello di Messina nello scorso marzo aveva revocato l’indennizzo per danno patrimoniale riconosciuto in primo grado ai figli della vittima.
Secondo i giudici della Corte messinese, “l’omissione addebitabile alla Procura” sarebbe stata “eziologicamente insufficiente” nel determinare la morte di Marianna.
Ma l’8 aprile successivo la Corte di Cassazione ha annullato la sentenza, scrivendo apertamente che in appello era stato seguito un “percorso argomentativo in contrasto con le regole che governano l’accertamento del concatenarsi degli eventi” e che la decisione era contraddittoria e non condivisibile.
Carmelo Cali’, il cugino di Marianna, che con sua moglie ha adottato i tre ragazzi era stato costretto a fare ricorso alla Suprema Corte per ottenere giustizia.
La Corte d’appello di Catanzaro, in veste di giudice del rinvio dopo l’annullamento della Cassazione, avrebbe dovuto pronunciarsi in merito il prossimo 9 dicembre.
L’assassino di Marianna è stato condannato con rito abbreviato a 21 anni di carcere, dopo aver ucciso la moglie a coltellate per le strade di Palagonia, nel Catanese, davanti a tanti passanti e al padre della vittima.
” A Carmelo, Stefano e Salvatore dico che certo non riavranno più la loro mamma, ‘giovane e bella’, ma lo Stato sottoscriverà un accordo transattivo che riconoscerà loro non solo di poter conservare una somma che era stata riconosciuta alla loro mamma” che aveva denunciato le violenze subite.”
Ma, ha aggiunto Conte, lo Stato “gli riconoscerà anche una cospicua somma a titolo di danno non patrimoniale.
Lo Stato deve essere in grado di riconoscere i propri errori”.
Il premier ha concluso citando Aldo Moro:
“Uno Stato non è veramente democratico se non ha come fine supremo la dignità, la libertà, l’autonomia della persona umana.
Lo Stato deve avere il coraggio di riconoscere i propri errori e trarne tutte le conseguenze assumendosi tutta la responsabilità.
Una donna vittima di violenza non deve mai provare vergogna, non può mai più sentirsi sola”.
Ieri, durante uno dei tanti incontri ai quali ho partecipato mi hanno chiesto quando la donna vittima di violenza decide di denunciare quello che subisce.
La mia risposta è sempre quella.
La donna è libera di scegliere quando sente di non essere più sola e non ha più paura di nessuno.
Neppure delle istituzioni che dovrebbero proteggerla.