COSA CI INSEGNA LA PANDEMIA

DI EMILIANO RUBBI

Secondo me, la pandemia finora ci dovrebbe aver insegnato diverse cose:

In primo luogo che la sanità dev’essere pubblica e che la sanità territoriale, quella dei medici di base, è essenziale quanto quella ospedaliera.
In pratica ci ha insegnato che il famoso “modello Lombardia” va benissimo se vuoi curare dei benestanti in tempi normali, ma è una catastrofe se un virus o un batterio colpisce l’intera popolazione, poveracci compresi.

In secondo luogo ci ha insegnato che delegare alle regioni le scelte in materia sanitaria, scolastica, di mobilità, è stato un fallimento.
Abbiamo ottenuto solo il risultato di far salire alla ribalta nazionale una serie di buffoni più intenzionati a discolparsi da qualsiasi disastro fatto attribuendolo al governo centrale, alle cavallette o al gomito che faceva contatto col naso, che a prendersi le proprie responsabilità.

Poi ci ha insegnato che non muoiono solo gli idioti convinti che il virus non esista e che le mascherine siano “museruole”, ma pure le persone che sono state sempre attente.
Ci ha insegnato che il virus non è “giusto”.
Tutto quello che possiamo fare è cercare di ridurre le possibilità che colpisca noi o i nostri cari.

Ci ha insegnato pure che i complottisti non sono sempre cattivi o in mala fede, anzi, non lo sono quasi mai.
La maggior parte di loro sono persone spaventate, persone semplici che hanno preferito credere a ogni ciarlatano che li tranquillizzava, più che a chi gli dipingeva uno scenario simile alla realtà.
Ed è perfettamente inutile prendersela con il povero Cristo che crede alla magia nera, se non facciamo niente per sanzionare lo stregone.

Ci dovrebbe aver insegnato che non era necessario un lockdown totale, per far calare l’indice di contagio.
Oggi non siamo in lockdown totale, ma l’indice di contagio scende.
Io ero il primo ad essere scettico sulle nuove misure prese dal governo, ero convinto che non avrebbero portato risultati.
Invece, a quanto pare, avevo torto io e ragione loro.
D’altra parte ci sarà pure un motivo per cui le cose le chiedono al comitato tecnico scientifico e non a me.

Ci ha insegnato che i sovranisti/populisti di tutto il mondo erano bravissimi a ululare alla luna finché non c’era un nemico vero da combattere, erano perfetti per convincerci che la colpa di ogni male era di chi stava peggio di noi.
Poi è arrivata una minaccia vera.
E loro sono crollati, da Trump in giù, perché non gli si chiedeva più di incolpare qualcuno, ma di trovare soluzioni reali, nella vita reale.
Leggere le pagine di Salvini che, poveraccio, seguita a prendersela con gli immigrati per qualsiasi cosa, oggi ha il sapore di un romanzo distopico.
Non sa fare altro, gli africani sono la sua coperta di Linus.
Ma abbaia da solo e ha perso 10 punti, nei sondaggi, in pochi mesi.

Ci dovrebbe avere insegnato che si può convivere con la paura, certo, ma che i danni di questa paura li pagheremo tutti nei prossimi anni, purtroppo.
Anche quelli che ancora non abbiamo scoperto.

Ci dovrebbe aver insegnato che non basta scrivere “andrà tutto bene” perché accada davvero. Non viviamo dentro una commedia romantica americana.
Ma anche che, prima o poi, andrà tutto bene davvero.
Perché tutto passa.
Che Eraclito non era il regista di “Mai stata baciata”.

Ci dovrebbe aver insegnato che non è finita finché non è finita davvero.
Non finisce quando lo dicono Zangrillo o Bassetti, sarà finita quando il virus non ci sarà più.
E non è finita di sicuro adesso che l’indice cala.
Spiegatelo a quei presidenti di regione e a quei politici che piagnucolano oggi per gli impianti sciistici come questa estate facevano per le discoteche. Idioti.

Ci dovrebbe aver insegnato che, in situazioni come queste, situazioni che tutti noi credevamo che non avremmo vissuto mai, si diventa parte dei libri di Storia.
Volenti o nolenti.
In futuro, i bambini leggeranno di noi, come noi abbiamo studiato le guerre mondiali e le pestilenze.
Con tutte le nostre miserie e le nostre piccole grandezze.

Ecco, secondo me dovrebbe averci insegnato almeno questo.
Ma di sicuro scordo qualcosa.