DI VIRGINIA MURRU
Questo periodo di forzato isolamento imposto dall’emergenza sanitaria, ovvero dalla dittatura di un microrganismo micidiale e invisibile, quale il Covid-19 si è rivelato, presenta aspetti paradossalmente assurdi, surreali.
Se il pensiero, anche solo per un attimo, s’insinuasse nelle drammatiche scene di un quotidiano messo a ferro e fuoco dagli eventi che si susseguono inesorabili, che rimbalzano con le medesime prospettive e flash inquietanti tra le corsie delle strutture sanitarie, in tutti i paesi del mondo, si potrebbe concludere che tutto questo ha del metafisico, ma soprattutto che non è verosimile.
Potrebbe essere uno scherzo di pessimo gusto, e semmai la realtà sarà stata scaraventata con raffiche sinistre da un pianeta lontano anni e anni luce da noi. Sì, è talmente incredibile da apparire più affine agli extraterrestri che al nostro mondo.
Questo incantesimo ci fa presentire che infine l’incubo fermerà le ruote impazzite della sua folle corsa. Devi crederci, ma intanto siamo tutti interdetti, un po’ straniti, e anche impauriti.
Lo pensi quando il pensiero, avvezzo a viaggiare sulla superficie degli accadimenti, fissa il suo focus su immagini che sembrano sfuggite in sequenza dalle scene incalzanti di un film quasi horror, al limite del borderline. Film che potrebbe avere un titolo tipo ‘The day after’.
Solo che non si argomenta intorno a realtà tragiche ‘del giorno dopo’, i fatti legati a questa guerra combattuta con armi senza ordigni è in pieno svolgimento, ed ha richiesto un dispiegamento di ‘forze’ e mezzi che impressionano, perché sembrano avamposti di guerra, luoghi in cui convergono le vittime colpite da questo nemico biologico. La verità è che il mondo si presenta come l’ultimo girone di un inferno.
L’isolamento è uno dei tanti mezzi di lotta, e quando da queste naturali trincee si osserva il cielo, un mattino qualunque, dietro le stecche di una persiana, si avverte tutto l’impeto e l’energia contraria del fenomeno.
Eppure il cielo è al suo posto, come sempre, apparecchiato così a norma da fare male, dovrebbe essere coperto di cirri neri, non esibirsi con l’arroganza di quel sereno che fa a pugni con le tragedie dei mortali. Nell’ultimo orizzonte, alle sei del mattino, lungo la linea di costa che precede i tumulti del mare, anche un vago quarto di luna può apparire beffardo, dettaglio di un Cosmo che mente, mentre la Terra lotta contro un nemico invisibile, ma presente e pericoloso come un assassino.
Può essere verosimile? Certo che lo è, ma nonostante ci si faccia una ragione dell’esistenza di questi microrganismi, che in epoche alterne della Storia sono stati in grado d’imperversare in lungo e in largo nel pianeta fino a causare catastrofi con milioni di vittime, beh, nonostante questa constatazione, il regime di austerity e le atmosfere di oscurità dalle quali siamo circondati non si possono ‘legittimare’.
Ti guardi intorno e ti chiedi come mai le strade siano piene di veti, perché l’istinto di stringere una mano sia un gesto interdetto e tempestato d’insidie. Ti chiedi come mai la Vita sia ostaggio del “non essere”: certo, questo nemico non ha un volto, ed è muto come Belzebù, vile e in ‘disputa’ con l’Umanità, fortemente invisa alla sua natura vocata agli assalti, senza misericordia insomma. Da venirne fuori pazzi.
E tuttavia, nonostante questo stato d’incredulità, il pensiero non puoi chiuderlo in soffitta, perché quello almeno è nato libero, se ne va per i fatti suoi, e induce l’Umanità a fare quattro conti, nonostante la tendenza al ‘negazionismo’, perché di tutto si fa per dissimulare, si canta anche dai balconi per esorcizzare ‘la belva’, sempre in agguato.
I pensieri sono disciplinati come soldatini in questo periodo. Si pensa allora, tanto di tempo ce n’è per i viaggi nell’ignoto, si cercano spiccioli di ragione in questo dissesto, nelle retrovie di una guerra combattuta da ognuno nel suo campo asettico, e si riflette, che piaccia o no, al senso di questa immobilità. Intanto l’attività umana è stata bloccata, ogni individuo è diventato un’isola e non esistono ponti per essere raggiunti. Non può essere vero, ma invece accidenti lo è.
Si mettono in moto tutti i processi della ratio e della coscienza, e si conclude che certamente una simile prova per l’Umanità sarebbe da scongiurare, se fosse stato possibile, se si fossero avuti i mezzi biologici e scientifici per rendere immuni gli esseri umani. Ma il nostro libero arbitrio non serve a nulla qui: un simile salto nel buio non avrebbe avuto nemmeno un micron, un quanto di spazio per svolgere il suo terribile ‘tema’, se avessimo avuto in mano il timone di una Natura che ogni tanto si oppone ai nostri piani, e ci fa capire che proprio ‘padroni’ in questo pianeta non lo siamo.
Se fosse stato possibile, appunto. E rode dentro, perché l’Umanità ha raggiunto livelli di progresso tecnologico e scientifico tali da non considerare nemmeno ipotizzabile un simile tsunami, senza possibilità di difesa. Già ci si deve rassegnare impotenti ai terremoti, ma ad un virus?
E invece un insignificante (si fa per dire..) microrganismo fortemente patogeno, che si può osservare solo con il microscopio elettronico, ha mezzi inauditi che potrebbero annientare il genere umano, se non gli si riempissero le strade di chiodi per ostacolargli il transito.
Un mese di assenza dai normali ritmi di vita cosa sarà mai, è ovvio che il dramma non è il veto sulla libertà dei movimenti, ma un esercito con colonne di mezzi carichi di salme, ovvero vittime di quel brutale ‘essere’ biologico, talmente arrogante da sfidare l’ingegno dell’Umanità. Una sfida che mette in luce l’impotenza e umilia. Certo, qualora fossimo bene ‘attrezzati’ per impedire a questo intruso di attraversare indebitamente le nostre strade, non avremmo dubbi sulle strategie da mettere in atto ad ogni assalto. Le vittime, loro sono la vera sconfitta, l’immenso dolore che ci attraversa tutti come una folgore nera.
Non ci potrebbe essere nulla di buono alla fine di questo excursus sul senso del nostro isolamento senza scampo, se non la consapevolezza che la Vita è quanto di più prezioso esista, e merita di essere difesa e preservata con ogni mezzo.
Eppure, mentre il pensiero in questi spazi di silenzio prende quota, alla fine dei quattro conti si conclude che niente è privo di senso nei fenomeni che diventano trasversali alla norma e alle consuetudini. Basterebbe rendere le nostre isole trafficate di sani ragionamenti affinché il tempo non diventi una concezione che riempie i vuoti di nulla, o di ineluttabili ricorsi al destino, che non c’entra, povero burattino.
Potremmo riflettere su quelle foto magnifiche proposte dal web, ce ne sono tante ormai che circolano nelle autostrade telematiche, tra i social o altre piattaforme che tentano di dirottare il nostro pensiero altrove, per qualche minuto fuori dall’incubo. Splendide foto con immagini di animali che scorrazzano liberi nelle strade, non più percorse dagli esseri umani, dai loro passi spediti e frenetici. Dall’uomo, che ormai non ha nemmeno il tempo di chiedersi chi è, o dove si sta dirigendo.
Queste immagini dovrebbero risultare quasi folgoranti, comprese quelle provenienti dai satelliti, che finalmente ci mostrano il cielo libero nelle aree più assediate dal progresso, nelle quali molte ciminiere sono state spente, e i processi produttivi allentati, determinando un calo notevole del tasso d’inquinamento. Rendendo insomma l’aria più credibile, più alleata e in sintonia con l’equilibrio biologico che ormai da un secolo ci è sfuggito di mano.
Potremmo non rendere vano questo immane sacrificio di vittime: sì perché l’alterazione e il blocco dei ritmi ai quali eravamo avvezzi, compresa la nostra forzata segregazione, sono poca cosa davanti a certe tragedie.
Anche queste immagini potrebbero raccontare qualcosa alla torbida coscienza di un’Umanità che, in nome del profitto e del benessere da raggiungere a qualunque costo, ha immolato l’equilibrio ecologico del pianeta. Ora in tutto questo silenzio, queste immagini di timida rivalsa della natura – con gli animali che si riprendono i loro spazi – ci parlano, o forse gridano forte, e noi non sappiamo comprenderne il monito, recepirne il messaggio.
Questi mesi di privazioni potrebbero indurci a mettere un contrappeso di ragione e saggezza in quel piatto della bilancia che pende da troppo tempo, con ripercussioni che si ritorcono contro, che generano vittime silenziose, offerte sull’altare del progresso, come le fossero dovute.
Si possono trovare vie di equilibrio tra due estremi, e comunque questi mesi, qualora volessimo prenderne atto, non trascorrerebbero invano. La riflessione e la coscienza potrebbero essere come un sasso scagliato in una superficie d’acqua immobile, che crea onde concentriche e produce movimenti di ragione tali da indurre a prendere misure adeguate, affinché questa nostra Madre Terra, finalmente abbia diritto ad un po’ di rispetto e attenzione.
Confessiamolo: abbiamo avuto più tempo per dedicare le nostre attenzioni alle persone care, per guardarci negli occhi, per non correre come forsennati, per accorgerci che abbiamo cambiato gerarchia ai nostri valori.
Basterebbe creare i presupposti e prendere atto di queste dure lezioni della Vita, oro prezioso da non scaraventare tra i rifiuti, come qualcosa di cui è meglio disfarsi quanto prima, per riprendere poi i vecchi percorsi tempestati di errori e incognite.