DI FILIPPO ROSSI
“Mi chiamo Sara, sono una ragazza di 17 anni e vivo in un piccolo paesino vicino Firenze. Ho l’atrofia muscolare spinale, più comunemente conosciuta come SMA2.
I miei genitori fin da subito si erano accorti che c’era qualcosa di strano in me, ma nessuno, in ogni ospedale in cui sono stata visitata, è stato in grado di darci risposte finché non ho compiuto circa due anni.
Da lì in poi, la svolta: sarebbe stata una vita nuova, una vita in 2 visto che mio padre se ne andò, la vita di Sara e mamma Catia.
Mia mamma è la donna più forte che conosca e che dal primo momento ha accettato questa nuova sfida, si è rimboccata le maniche ed ha iniziato ad insegnarmi a vivere questa nuova vita, a non mollare mai e a sapermi porre faccia a faccia con la mia malattia: non mi ha fatto perdere un giorno di scuola, permettendomi così di crescere ed anche di poter indirettamente “insegnare” ai bambini della mia età che il concetto di diversità non è altro che normalità e quotidianità.
La mia vita non è mai stata una “brutta vita”, grazie anche al fatto che ho avuto la possibilità d’incontrare sul mio cammino due persone ancora oggi per me fondamentali.
Al primo anno di asilo ho conosciuto Gaia, l’amica di una vita, una bambina molto dolce che fin da subito ha saputo prendersi cura di me aiutandomi anche quando mamma non c’era: entrò nella mia vita come un fulmine a ciel sereno e da allora siamo diventate inseparabili, accompagnandomi in ogni mia avventura, senza lasciarmi mai. Con lei ho imparato che non servono gambe funzionanti per essere alla pari, per poter percorrere una vita insieme, bensì amore e immaginazione.
All’età di sei anni, poi, la mia mamma conosce quello è il suo attuale compagno: Giuseppe.
Giuseppe ha fin da subito accettato la nostra situazione e immediatamente ho compreso che con lui avrei avuto un forte legame, forte come quello di un padre con una figlia.
Da pochi anni ho preso consapevolezza di quella che sono, anche grazie a queste tre figure così importanti nel mio vissuto, ed ho imparato ad accettare la mia malattia, a vederla come una compagna di vita, a sentirmi “normale” ed ho iniziato a vivere la mia esistenza nella sua completezza.
Si può essere felici anche con una disabilità e le persone con disabilità non sono necessariamente dei “poverini”, “fragili”, “infelici” “sfortunati”…Ricordatelo :)”
Sara