DI LIDANO GRASSUCCI
“Al congresso sono tanti
Dotti, medici e sapienti
Per parlare, giudicare
Valutare e provvedere
E trovare dei rimedi”.
Edoardo Bennato – Dotti medici e sapienti
Questo è un racconto di Natale, perché a Natale c’è bisogno, semplicemente, del Natale. Ma questo raccontare è figlio, anche, di un tempo malato di tempo da “distanze sociali”. E’ la storia di un improvviso dolore, di un segno al cuore, che ha colpito forse un dottore nella dimensione della pietà che non è compassione ma compartecipazione, divisione equa delle difficoltà, un male a metà.
Non immaginate il dottore come un saggio conoscitore di parti del corpo e di ogni pericolo per il suo funzionamento da orologio. Ma un dottore dell’animo umano che è così difficile e diventa impossibile se c’è paura.
La ragazza dice di avere male, lui capisce subito che è male facile da diagnosticare e ecco che il colpevole già si sa. E qui, qui a questo punto, che serve una medicina che non c’è in elenco, che non è prevista, e neppure si conoscono le dosi, serve l’umano star vicino, come sanno fare i gatti con i bambini e le vecchie signore. Animali nati furbi, cresciuti assassini eppure così capaci di alleviare il olore come certi dottori che ti dicono “ti posso ascoltare”, altri che aggiungono “passa presto, è come la corsa i un treno tra due stazioni vicine, neanche il tempo di accelerare. Ma mica era sicuro della cura, e manco del male, ma certo che bisognava parlare. L’aveva imparato dai sacerdoti che curando le anime salvavano il vivere per dar loro ragione i vita. Lo aveva imparato da vecchie signore che pur di parlare facevano le nenie, da umili fedeli che il tempo era scandito da semi di rosario e da rose mai ricevute.
Il dottore le portò una rosa, la rosa ha petali che si abbracciano che fanno di un fiore come una città irta di mura a difesa. Ecco, era Natale e quel dottore non aveva che la forza che ha un uomo che sa ascoltare.
Nessuno deve sentirsi solo, e lui parlava.
La ragazza non si sentiva sola.