CIAO PA’, DA UN FIGLIO FORTUNATO

DI ALESSANDRO BATTAGLIA

Ciao pa’, sono passati già undici anni,
ho ancora addosso il freddo di quel giorno
e non per colpa di dicembre e della pioggia.

Mi ricordo le camminate sulla riva del mare di casa dove sei nato,
ogni anno, ogni settembre,
mi ricordo che a volte mi lasciavi la mano per farmi sentire grande,
ma alzavo la testa ed eri ancora troppo alto
e allora ogni sera mi addormentavo con la speranza di svegliarmi come te.

Mi ricordo volti e storie di quel posto dove c’era sempre il sole,
i tuoi parenti ed i tuoi amici,
mi ricordo quando partivamo,
due volanti per la stessa macchina,
il mio di plastica e tutto colorato,
oh, meno male che guidavi tu,
io mi addormentavo sul sedile dopo la prima curva,
tanto se c’eri tu non avevo mai paura.

La sera mangiare in fretta e correre a prendere il gelato,
la banda che suonava e poi i cantanti sul palco pieno di luci
che quando non riuscivo a vedere mi alzavi con le tue mani grandi,
sembrava di volare e mi guardavo intorno
senza sbattere gli occhi per la paura di perdermi qualcosa.

Mi ricordo il primo autobus e i semafori con tre occhi,
il tuo gelato che era il più buono perché me lo preparavi tu,
mi ricordo la tua faccia con la schiuma da barba
ed io che di nascosto in bagno m’insaponavo il viso per somigliarti,
mi ricordo i regali, me li ricordo tutti, ed era sempre il regalo che volevo.

Mi ricordo Natali e ultimi dell’anno, i più belli del mondo,
quelli delle tombole dove non si capiva niente perché eravamo troppi,
quelli dei tavoli dei grandi e dei piccoli,
tirare tardi fino a mattina e poi ritrovarsi il giorno dopo.

Mi ricordo che è stato un tempo meraviglioso,
avevamo quello che ci serviva e non volevo niente di più,
mi ricordo che ti ho visto ridere con tutti, mai di qualcuno,
casa era sempre aperta per tutti,
c’era sempre un terrazzo per festeggiare qualcosa.

Poi un giorno mi sei scappato via,
non l’hai fatto mica apposta,
da qual giorno dico, che la vita è così che va,
che devo ricordarmi sempre di quanto sono stato fortunato,
che tanti non hanno mica avuto la mia stessa buona sorte.

Ciao pa’