DI VINCENZO G. PALIOTTI
Chi, come me, ha letto libri, articoli di giornali, visionato filmati, YouTube ne è pieno, non si sarà di certo sorpreso ascoltando quanto è venuto fuori dalla trasmissione Report di ieri sera, 4 gennaio 2021, relativo alla trattativa Stato mafia.
Tanto è stato scritto, tanto è stato detto tra l’indifferenza generale, voluta e creata per coprire la verità. Anche la notizia della condanna, in primo grado, di alti funzionari dello Stato nel processo che si è svolto a Palermo per fare chiarezza appunto sulla trattativa, è stata data con una certa superficialità e frettolosamente passata agli archivi. Da questa trasmissione sono stati diffusi finalmente nomi che ad arte erano stati o tenuti completamente fuori dalla questione, trattati come figure di scarso rilievo, o addirittura disegnandoli come vittime della magistratura di opposte idee politiche.
E invece sono finalmente stati resi noti senza tema di smentita da quanto emerso nell’inchiesta di Report, e qui è d’obbligo specificare che il risultato di questa inchiesta giornalistica non si è avvalsa solo dei cosiddetti “pentiti”, o “collaboratori di giustizia, ma anche di protagonisti della politica nazionale, di poliziotti, magistrati che pare sapessero tutti quanto stava accadendo all’interno delle nostre istituzioni, ed è grave che nessuno di questi si sia sentito in dovere di parlarne al momento che questi fatti si sono svolti, anche perché questo avrebbe potuto, come affermò il pentito Buscetta, stravolgere il nostro sistema politico.
In questo programma sono venuti fuori nomi che sono stati ai vertici delle istituzioni, come il presidente del consiglio degli ultimi 25/30 anni Silvio Berlusconi; il più volte presidente del consiglio Giulio Andreotti; un ex presidente della Repubblica, Oscar Luigi Scalfaro; e chi era addirittura a capo della commissione parlamentare antimafia Luciano Violante.
Berlusconi per avere per anni tessuto rapporti di affari con “cosa nostra”, fondando poi un partito che avrebbe dovuto sostituire la DC perché questa non più attendibile ed asservita totalmente alla mafia, il delitto Mattarella ne è una prova. Il presidente Scalfaro per aver dato il suo assenso alla trattativa, anzi per aver gestito la trattativa come dichiara in un’intervista, sempre da Report di ieri sera, Claudio Martelli all’epoca ministro di Grazia e Giustizia.
Ce n’era da far saltare il palazzo, ma il palazzo non è mai saltato perché tutto questo era divenuto parte del palazzo stesso e quei legami che c’erano tra mafie e politica non si sono mai interrotti, i tanti arresti di politici che ancora oggi vengono trovati collusi con le varie mafie provano che quel filo non si è ancora interrotto.
Si è parlato, sempre nel corso della trasmissione Report, dei tanti depistaggi per intorbidire le indagini sulle stragi di Capaci e via D’Amelio, con relative sparizioni di documenti importanti come l’agenda rossa di Borsellino, le memorie del PC di Falcone, e in tutto questo e ancora una volta fanno la loro apparizione i “servizi deviati” dello stato, per coprire i mandanti che, come in altre situazioni analoghe devono restare ignoti.
La speranza, ma più che questa la volontà degli italiani onesti dovrebbe essere quella di impedire che tutto questo continui, che certe presenze interne ed esterne alle istituzioni vengano rimosse a qualunque costo per evitare che i poteri occulti, le mafie per mezzo di questi politici collusi, corrotti accedano alle più alte cariche dello Stato, come è accaduto in buona parte del passato della nostra Repubblica, perché è questo che è venuto fuori dall’inchiesta di Report.
Come italiani ci dovremmo impegnare per impedirlo vergognandoci di averlo reso possibile in passato vedendo cadere gli uomini migliori delle nostre istituzioni trucidati proprio perché volevano impedirlo. Sarebbe nostro dovere, per onorare i morti, per rialzare la testa impedire che tutto questo possa continuare, ma in che modo? Nell’unico modo che abbiamo e che Paolo Borsellino indicava come strumento di lotta il voto. Il voto contro chi vorrebbe riportare in auge uno di questi individui, fino a spingerlo alla più alta carica dello stato, il Quirinale.