BARESSA E LA BAMBINA DIMENTICATA

DI PATRIZIA CADAU

Che fine ha fatto la bambina di Baressa? Che cos’è successo alla bambina orfana di madre viva e soprattutto, che cosa è successo alla madre, Michela, a cui quella bambina è stata sottratta dalle forze dell’ordine, in un pomeriggio torrido del luglio 2018 nel cuore della Sardegna, sotto i miei occhi?

Io non dimentico Michela e Bea, che non aveva manco tre anni quando fu costretta a lasciare la sua casa.
Strappata dalle braccia di sua madre.
Ero lì, non invento nulla e tutto avevo denunciato e riportato in tempo reale.
E soprattutto non ho paura di denunciare che entrambe sono finite nell’imbuto comodo del dimenticatoio, nel tritacarne del silenzio assoluto e complice, del sistema mafioso che ingoia i protagonisti di storie come queste, dove gli orchi sono tutelati e le vittime rimangono a patire nell’inferno dell’ingiustizia.
E nel silenzio collettivo.

E qui non stiamo parlando di un’ingiustizia di ordinaria amministrazione: parliamo di una bambina sequestrata dall’amore della sua famiglia per essere trasportata da Oristano a Viterbo, e consegnata ad un padre denunciato per maltrattamenti. Un padre potentissimo, si dice.
Un padre potentissimo, si sa.

Dicevamo: che fine ha fatto la bambina scomparsa? A noi non è dato saperlo. La mamma non può vederla da tempo, la può sentire in tempi contingentati in cui piange e dice che vuole tornare dalla mamma, i nonni materni, le zie e gli zii che l’hanno amorevolmente cresciuta da quando aveva pochi mesi, non possono neppure sentirla.

E però udite udite: lunedì mattina, Michela, la mamma di Baressa, dovrà comparire in tribunale a Oristano, perché imputata dell’accusa di “sequestro di minore”.
Non è uno scherzo.
Quando con la bambina in fasce, si rivolse alla Polizia per le violenze subite, e fu allontanata dalla casa in cui quelle violenze venivano subite, tornò a casa dei suoi genitori.
Ed è per questo che viene accusata di sequestro di minore.

Ma torniamo alla domanda iniziale.
Dov’è Bea? Come passa il suo tempo? Perché non frequenta una scuola materna? Dove sono finiti i nonni paterni con cui pensavamo che la bambina stesse? Perché non si avviano indagini serie sulla bambina e sull’incredibile conflitto d’interessi che legherebbe il padre potente agli esecutori della giustizia?

Dove sono i politici, le femministe, gli avvocati, gli indignati, i paladini del 25 novembre, quelli che vogliono le stanze rosa nelle questure e le pari opportunità?
Ci sono, ma ben nascosti dietro un muro di convenienza e ipocrisia.

Io, invece, sarò a fianco di Michela, lunedì mattina.
Sarò insieme a lei, per la sua bambina.
Invito chiunque, le persone perbene del nostro territorio, i cittadini e le cittadine e le persone di buona volontà a raggiungerci e a portarle la vostra credibilità, il vostro affetto, la vostra solidarietà.
Invito i giornalisti a raggiungerci per raccontare ancora questa storia che è una storia di violenza ai danni di una bambina, a cui hanno strappato il futuro, la famiglia, il mondo, l’identità.
E a cui dobbiamo garantire tutto il nostro impegno per restituirglielo.