PROTESTANO I NEGOZIANTI E C’È CHI CI SPECULA SOPRA

DI EMILIANO RUBBI

Io li capisco, i negozianti che riaprono nonostante i divieti.
Giuro: li capisco, anche se penso che sia sbagliato.

È sbagliato perché i contagi sono di nuovo in crescita.
Ma è pure vero che, se non incassano, non pagano le bollette e non danno da mangiare ai figli.
Cos’è peggio: il rischio di ammalarsi e, magari, finire intubati (o peggio), oppure la certezza di essere a tanto così dal finire in mezzo a una strada?
Sono i dilemmi al tempo del covid.

Ci sono i famosi “ristori”, è vero.
Ma non sono arrivati a tutti.
E spesso sono stati ampiamente insufficienti.

D’altra parte è pure vero che molti hanno ricevuto dei ristori di scarsa entità perché avevano sempre dichiarato un decimo degli incassi che facevano, per pagare meno tasse.
Sono quei momenti in cui realizzi che, magari, non sei stato così tanto furbo come credevi.

Ma va pure detto che le cifre previste dal governo per “rifondere le perdite” a molti di loro sono comunque talmente basse da non permettergli neanche di far fronte alle spese.

Chi ha ragione?
Boh.
Tutti, o forse nessuno, dipende dai singoli casi, ma anche da che punto di vista guardi la faccenda.

Chi non ha ragione di sicuro sono quelli che, dall’inizio, hanno fatto di tutto per convincere il proprio elettorato che la pandemia fosse una sciocchezza.
Quelli che gridavano “aprite tutto” e poi “chiudete tutto”, quelli che questa estate facevano i comizi e i selfie senza mascherina, per poi presentarsi ai convegni dei negazionisti che sostenevano che fosse tutto falso, o tutto passato.

E oggi, la seconda ondata ha già superato i morti della prima.

Ecco, loro invece dovrebbero tacere, e non cavalcare ogni protesta e ogni disgrazia senza vergogna.
Perché parte del problema sono stati anche loro.
Parte dei nostri morti sono dovuti anche a chi li aveva convinti che la pandemia, ormai, fosse solo un ricordo.
Parte delle disgrazie di quelli che oggi aprono le loro attività contro la legge, sono anche sulla coscienza di chi ha passato questi mesi a berciare di “dittature sanitarie”.
O meglio dovrebbero esserlo, se ne avessero una.

La realtà, purtroppo, è una cosa complessa.
Non è un hashtag o un meme su Facebook.
Non è neanche buona per prendere tanti like con un post, perché di solito scontenta un po’ tutti quelli che vorrebbero tagliarla con l’accetta e decidere che da una parte ci sono i buoni, dall’altra i cattivi.

Gli unici facilmente individuabili, in questa situazione, come sempre, sono gli sciacalli.