CIAO “DADO” LOMBARDI, MITO DEL BASKET

DI ROBERTO BECCANTINI

Cominciamo bene. Ci ha lasciato Gianfranco Lombardi, che fu cestista grande e per me sommo, «Dado» forever, livornese gran tiratore e gran smoccolatore, tanta Bologna, tantissima Virtus e una coda pure in Fortidudo, Nazionale e olimpico a Roma ‘60, perso di vista ma mai uscito dal cuore.
Avrebbe compiuto 80 anni il 20 marzo. Le sue partite erano sfide rusticane, un inno al tiro in sospensione, una bolgia nella bolgia, l’avversario come il richiamo della foresta. Quando segnava, e mica quando spadellava, tirava giù di quei sacramenti che il Palasport di piazza Azzarita ne conserva ancor oggi l’eco proterva, ma tutto finiva lì: in un canestro o in un alterco.
Gianfranco Civolani lo ribattezzò McLombard. Perché sì, in quegli anni Sessanta di attesa e ripresa, gli americani erano una goccia e non ancora un mare, e così, non appena uno dei nostri gli si avvicinava, correvamo a insignirlo di un soprannome che lo tramandasse e non, banalmente, lo canzonasse.
Nel calcio Omar, nel basket Lombard. Sono momenti che non si spiegano, sono folgorazioni che ti catturano senza farti prigioniero, che è poi la cosa più bella, la cosa più strana. Quando frequentavo il liceo classico Marco Minghetti a Bologna, noi studenti pubblicavamo un giornalino, «Il Cantastorie». Mi chiesero un pezzo, proposi un intervista. A chi, non lo sapevo manco io. Poi mi venne in mente lui. Gli feci domanda, mi rispose ok. Dove? Che discorsi: a casa mia (cioè sua).
Ero così casto e puro (ancora per poco) che mi portai dietro il registratore. C’era anche la sua signora. La mia prima intervista. Lo so, sono briciole di esistenza, ma ogni tanto bisogna raccoglierle. Per rendere onore, se non altro, a chi ti ha accompagnato e fatto sognare.
Ciao, Dado.