IPOCRISIA ISTITUZIONALE

DI ANTONELLA PAVASILI

Se lo sono mangiato Conte.
Loro, quelli che su Facebook, su Twitter, in Tv fingono di stracciarsi le vesti.
Addolorati, contriti, stupefatti.
Quelli che la crisi non la capiscono.
Quelli che tanto il colpevole lo hanno trovato e lo gettano in pasto alle belve del mondo virtuale.
Quelli che #iostoConte.

Sì, proprio loro.
Lo hanno sminuzzato, sbrindellato, affettato e poi l’hanno mangiato.
Tutte le volte che hanno alzato le barricate coi loro puerili ed isterici “No”.
No, a tutto e a tutti.
No al dialogo, no alla mediazione, no alla ragionevolezza.

Perché Bonafede non si tocca! Non sia mai.
Perché con Renzi non si dialoga! Vade retro.
Perché Berlusconi è peggio del diavolo! Naturalmente.
Perché alla fine meglio Mastella! Coerente.
Perché noi siamo bravi, belli, onesti.
I primi della classe.
Anche se in classe non ci siamo mai stati.

E adesso tutti lì a strepitare.
Colpa loro, di questo, di quell’altro.
Povero Conte, poverino.
Noi stiamo con lui, sempre e per sempre.

E intanto lo hanno mandato al macero.
Solo, disarmato, consumato, schiacciato dalle isterie di chi della politica non ha capito l’essenza.
Il dialogo, il confronto e anche, se i tempi e il Paese lo richiedono, il compromesso.
Ma loro sempre a dire NO.
Perché tanto la colpa è degli altri e la crisi non la capiscono.

E Conte si è dimesso.
Troppo tardi, Presidente.
Prima si sarebbe dovuto dimettere.
Ma lei ha scelto di indossare la toga provando a difendere fino allo stremo una causa persa.

Persa.
Come tutte le cause in cui il cliente pretende di scegliere lui la linea difensiva.
E tu ci provi a convincerlo, ma lui niente, non recede.
E se l’avvocato lo asseconda alla fine perde.

Come ha perso lei Presidente.
Che, da avvocato, sa bene di chi è la responsabilità.
Li vede, li conosce.
Uno per uno.
Nei loro profili hanno scritto #iostoconte…

E adesso?
Lo facciamo l’appello?