DI PATRIZIA CADAU
Giorgia Meloni, nell’ultimo mese, ha dedicato, tra decine e decine di dichiarazioni, un unico post dedicato alla violenza.
Ma non sulla violenza degli uomini che hanno ucciso le donne di cui abbiamo letto in cronaca.
No.
Ha dedicato un post per riferire della violenza delle donne sugli uomini che, a dire suo, viene minimizzata, e cita quindi il caso di un’aggressione, una, avvenuta nel gennaio 2020, ai danni di Daniele (a cui va la mia solidarietà, sia chiaro) da parte della sua ex.
La sua aguzzina è comunque già in carcere, va detto, perché quando le aguzzine siamo noi, ci rinchiudono immediatamente e con processi velocissimi.
Parto da qui per dire che, a prescindere, non è che ti viene facile esprimere empatia per una che nel mentre che una ragazzina veniva bruciata viva, in Sicilia, e altre cinque seguivano di lì a breve, si rammarica per la violenza contro gli uomini.
Ma da chi se l’aspetta, Giorgia, la sorellanza, da me? Dalle altri madri di cui conosco la tragedia che mi toglie il sonno la notte? Da quelle sequestrate nelle case rifugio? Da quelle che ogni giorno mi contattano in privato per chiedere aiuto, a me, che sono nessuno, e che continuo ad indirizzare tutte per le vie legali sapendo il calvario che le aspetta?
È stata, Meloni, vittima di una battuta sessista?
Sì.
E perché si lamenta visto che il suo registro è quello di avallare il registro sessista?
Perché mi devo indignare io, per la violenza subita da lei per una battuta sessista, se lei stessa non si indigna per il sessimo di cui muoiono, muoiono, decine di donne per le quali non trova manco il tempo di fermarsi a spendere due parole?
E non è questione politica.
Sia chiaro.
Trovo becero che venga fatta una battuta sulla sua maternità, visto che di motivi, umani e di civiltà per fare battute, ce ne sarebbero una marea.
Senza toccare la sua maternità.