DI TOMMASO MERLO
Il Guerriero se ne va. La sua è coerenza. Fu lui a leggere la sentenza Dell’Utri in piazza ad Arcore e non poteva certo accettare di allearsi con Silvio Berlusconi. Una gran fetta del 4 marzo che se ne va e vedremo quanti lo seguiranno tra portavoce ed elettori. Il 40% di iscritti ha detto di “no” all’ammucchiata, una percentuale altissima considerando la campagna per il “sì” da parte di tutti i pezzi da novanta e tutto il resto. Il Movimento è profondamente spaccato in due e bisognerà vedere quanti accetteranno l’esito di Rousseau e quanti invece come Di Battista ne faranno una questione di coscienza e lasceranno. Del resto con questo voto non c’era in ballo solo la partecipazione all’ammucchiata o meno, ma la storia e i valori del Movimento. Se si era cioè disposti a metterli da parte per restare al potere oppure no. Una questione di coscienza, appunto. Aggravata dal fatto che a cambiare nettamente rotta non è stato il dissidente di turno, ma i vertici del Movimento determinati a governare a tutti i costi coi nemici di sempre e con chi li ha traditi. Adesso bisognerà vedere se il Guerriero e parte di quel 40% di “no” avranno ancora voglia di lottare oppure se staranno seduti sulla riva del fiume ad attendere che passi il cadavere del Movimento. Grazie al limite del secondo mandato infatti, quando si tornerà a votare tutti i reggenti governisti del Movimento se ne torneranno a casa loro. Potrebbe quindi bastare aspettare le elezioni per riportare il Movimento in carreggiata. Ma potrebbe anche non essere così semplice. Il Movimento potrebbe arrivare al voto così conciato da essere irrecuperabile. Questa ennesima spaccatura ha confermato come vi siano due idee profondamente diverse su cosa sia il Movimento e quale sia il suo ruolo. Non divergenze marginali o tattiche, ma sostanziali. Una frattura politica tra governisti e movimentisti che potrebbe essere insanabile. Nulla di strano. Succede alla storia dei movimenti come dei partiti. Ma se è così, allora son davvero infantili gli appelli all’unità e alla fiducia in qualche idolo. Se esiste una frattura politica al prossimo bivio questa frattura riemergerà e si ripeteranno le stesse scene penose di questi ultimi giorni. Coi sostenitori del Movimento a darsele di santa ragione mentre i portavoce si arrampicano miseramente sugli specchi. Sangue amaro, forzature, supercazzole in politichese, strascichi. Una situazione insostenibile che fa solo il gioco di chi vuole la fine delle sacrosante istanze che hanno portato il Movimento al successo. Che il Movimento infatti si suicidi ci sta, ma che milioni di cittadini rimangano senza voce molto meno. Al momento l’Italia è priva di opposizione da questa parte della barricata anti-sovranista. Dall’altra parte ci penserà la Meloni ha fare il pieno, mentre da questa la brusca virata del Movimento ha creato un vuoto enorme. Un vuoto che il Movimento difficilmente riuscirà a ricolmare. Il Movimento ha già perso milioni e milioni di voti. Cittadini che lo hanno abbandonato perché si è alleato con Lega e Pd, figuriamoci se quei voti perduti tornano adesso che si è alleato con Silvio Berlusconi. Il Movimento per come lo abbiamo conosciuto potrebbe essere davvero ai titoli di coda e venire definitivamente rilegato ad ala di sinistra del Pd o qualcosa del genere. Una disgrazia. Questo perché tutte le istanze su cui è nato il Movimento non solo sono sacrosante ma sono ancora politicamente vive e vegete. Qualcosa il Movimento ha realizzato ma la battaglia per un paese libero dalle mafie e dalla corruzione e dall’arroganza delle lobby e tutto il resto, è solo all’inizio. E se il Movimento si diluisce nel vecchio sistema che voleva rivoltare come un calzino, altri dovranno riprendere e combattere la battaglia per il cambiamento. Il voto su Rousseau ha confermato la profonda spaccatura politica del Movimento tra governisti che si sono omologati e movimentisti che non vogliono mollare. Adesso bisognerà vedere se la frattura è sanabile oppure se nascerà qualcosa di nuovo all’orizzonte. Bisognerà vedere se il Guerriero e parte di quel 40% di “no” avranno ancora voglia di lottare oppure se staranno seduti sulla riva del fiume ad attendere che passi il cadavere del Movimento.