COVID, È FACILE DIRE LIBERTÀ

DI ANTONIO DRAGONETTO

“Non si dirà: quando il noce si scuoteva nel vento
ma: quando l’imbianchino calpestava i lavoratori.

Non si dirà: quando il bambino faceva saltare il ciottolo piatto sulla rapida del fiume
ma: quando si preparavano le grandi guerre.

Non si dirà: quando la donna entrò nella stanza
ma: quando le grandi potenze si allearono contro i lavoratori.”

La lettura, obbligata, della stampa e dei comunicati, ci fa oscillare tra i grandi temi, organizzativi, strategici, medico-epidemiologici. Numeri, indici, tassi di contagiosità, di letalità, piani, programmi, scorte. E la lettura, obbligata, dei giornali e dei comunicati ci costringe sui temi “alti”, concreti, della gestione di qualcosa che, scoppiata un anno fa, ancora oggi ci mette di fronte alla nostra impotenza, all’irresponsabilità di molti, al dover fare appello a volontari, oppure medici e infermieri strutturati con turni ben al di là di quanto previsto dai contratti. Vedendo le cronache del weekend è fin troppo facile dire che viviamo tempi oscuri, dove giovani urlano “libertà libertà” per stare in strada con un bicchiere in mano, quando in altri tempi in nome della libertà i nonni di quei giovani stavano in montagna con uno Sten in mano, o su una bicicletta per fare staffette.
Perché accettare passivamente tutto ciò? Perché avallare con un silenzio complice uno stato delle cose? Non so bene dove, come, ma certamente contro i comunicati stampa in alta uniforme, tocca recuperare voce e parola.
Non si deve più tacere la bellezza, la verità, l’aspirazione ad un mondo, anche di parole, diverso.
I versi di Brecht sono una chiamata alle armi, le nostre, fatte solo di parole. “Ribellione e ruvida poesia”, ci dice da due anni l’amico Marco Steiner.
“Tuttavia non si dirà: i tempi erano oscuri
ma: perché i loro poeti hanno taciuto?”
(Bertolt Brecht, Nei tempi oscuri)
………perché i poeti hanno taciuto?……