DI REDAZIONE
Sei mesi fa ci aveva fatto causa per 100mila euro per un articolo in cui si riportava che aveva intascato un gettone come conferenziere sulle piste da sci dell’Himalaya. Oggi Matteo Renzi ha annunciato che farà pervenire a TPI un’altra azione civile, non è ancora noto il motivo, per un articolo che affermava che si trovasse a Dubai (fatto mai smentito). E siamo a 2.
Non fosse che le cause civili costano (per chi le fa e per chi le riceve) ci sarebbe da sorridere. Ma la personale campagna legale del leader di Italia Viva di cause e querele continue, “colpo su colpo”, così come l’ha battezzata lui stesso, mette a serio rischio la nostra libertà di stampa.
Invidioso del “Nuovo Rinascimento” che intravede nei regimi in cui i giornalisti che non si piegano al potere vengono fatti letteralmente a pezzi, Renzi deve essersi convinto che anche in Italia sia possibile reprimere la libertà di stampa con azioni legali strumentali volte ad imporre una sorta di autocensura nei riguardi dell’ex premier.
Riteniamo questa prassi inaccettabile, e durante un’intervista video gliene avevamo già chiesto conto.
Così come è inaccettabile omettere di spiegare ed evitare di rispondere alle legittime domande che il nostro giornale (e non solo il nostro) gli ha posto senza alcuna malignità [Leggi anche: 5 domande a cui Matteo Renzi deve rispondere].
Non è affatto un accanimento nei confronti del senatore di Italia Viva poiché lo stesso avremmo preteso da qualsiasi altro leader. Ed è per questo che crediamo sia doveroso resistere e continuare a pubblicare notizie e fatti rilevanti sul suo conto perseguendo il fine della libera informazione.
In questo caso la notizia non solo era degna di nota, ma lo era ancor di più nel momento in cui Renzi ha un precedente (il suo viaggio in Arabia) in cui a nostro avviso è emerso un evidente conflitto d’interessi.
Percepisce soldi dal fondo sovrano saudita ed è contemporaneamente senatore della Repubblica, siede nella Commissione Difesa del Senato, che si esprime anche sulle forniture di armi all’Arabia Saudita, e incontra e definisce “amico mio” il principe ereditario Bin Salman, accusato da un rapporto Cia di essere il mandante dell’uccisione del giornalista Jamal Khashoggi. Parla di Nuovo Rinascimento Saudita ma nel regno avvengono soprusi nei confronti di civili e giornalisti, decapitazioni in piazza, ci sono attivisti che sono frustati, c’è una totale mancanza di rispetto nei confronti delle donne, e i civili vengono bombardati in Yemen per mano di una coalizione araba sotto la guida proprio dell’Arabia Saudita. Come possiamo essere certi che Renzi agisca in piena autonomia, e nei soli interessi italiani?
Il nostro Stato di diritto ha gli anticorpi per resistere a chi esercita pressione indebita nei confronti della stampa. Per questo stiamo valutando come resistere a questa azione intimidatoria anche attraverso gli strumenti di contrasto alle querele temerarie (Slapp) riconosciuti dalla giurisprudenza europea.
Sarebbe più semplice chiarire e rispondere nel merito. Oggi è toccato a TPI e a La Stampa (che ha lanciato la notizia del viaggio a Dubai, e a cui Renzi ha anche fatto causa), ieri al Fatto Quotidiano. Quella di TPI è una battaglia di civiltà e di diritto in difesa della libera informazione, che dovrebbe riguardare tutta la stampa indipendente. Come la nostra.
Giulio Gambino