DI CARLO PATRIGNANI
Il nuovo Pd, dalle porte e finestre aperte spalancate alla partecipazione, si muoverà lungo tre direttrici: idee e valori progressisti; metodo riformista, comportamenti radicali.
E, riprendendo lo schema delle due uniche vittorie del 1996 e del 2006 con cui il Pd conquistò Palazzo Chigi, è per fare coalizioni con altre forze politiche, a partire dal dialogo con quelle (M5S e LeU) che hanno sostenuto il Governo Conte-2, per dar vita ad nuovo centro-sinistra.
Non, dunque, un Pd a vocazione maggioritaria, autosufficiente e non un Pd fatto solo per il Potere.
Sono questi i capisaldi della segreteria rinnovata con l’elezione di Enrico Letta a leader, fino al 2023, conseguenti alle dimissioni mi vergogno di Nicola Zingaretti: come se tra i due ci fosse stato un semplice, normale passaggio di consegne.
Le premesse di Letta sono così nel segno della continuità con la linea di Zingaretti nell’ultimo anno contrassegnata dall’esperienza del governo presieduto da Giuseppe Conte con i 5S e LeU, e naufragato per l’azione distruttiva di Matteo Renzi e company.
Se il fuoco amico ha costretto Zingaretti alle forzate dimissioni, sembra, dalla forte ma composta reazione dello stesso Zingaretti di passare il testimone a Letta, che abbia inaspettatamente invertito la rotta del tracollo del Pd, auspicato da Renzi e company.
Una mossa quella di Zingaretti che se da un lato ha di fatto bloccato, interrotto l’escalation alla segreteria del Pd del presidente della Regione Emilia-Romagna, Stefano Bonaccini, dall’altro, gli ha dato l’opportunità di rimodellare la sua giunta alla Regione Lazio, con l’ingresso delle due pentastellate Roberta Lombardi e Valentina Corrado: evento che potrebbe essere propedeutico alle prossime elezioni del Sindaco di Roma.
Ora tocca a Letta mettere concretamente in pratica i suoi intendimenti, le sue idee progressiste, il metodo riformista e tutti quei comportamenti radicali che tratteggiano, disegnano sulla carta, un nuvo Pd più aperto alle persone che non alle correnti di Potere che divorano senza alcun scupolo segretari e presidenti del Consiglio.
E chissà se i compagni di ventura di un tempo, quelli della Ditta, non possano anch’essi trovare lo spazio giusto nel nuovo Pd.