L’AMORE AL TEMPO DEL COVID 19

 

DI MARCO PROIETTI MANCINI

Lei, Rosina, 84 anni.

Lui, Giuseppe, 82 anni.

Lei se l’è vista più brutta di lui, terapia intensiva, intubata.

Lui si è fermato ai protocolli della cosiddetta sub-intensiva.

Quanti anni sono che stanno insieme? Boh. Sicuramente qualche quotidiano lo racconta. Ma è così importante saperlo?

Gli infermieri, gli OSS, i medici, si sono fatti messaggeri, portando saluti, pensieri, qualche lacrima, qualche sorriso.

Fino a quando lei non è stata meglio.

Tutti e due chiedevano una cosa, una sola. Magari solo per essere rassicurati che fosse veramente vero, che Rosina era ancora viva, che Giuseppe fosse ancora vivo. Fateci incontrare. Fatemelo vedere, fatemela vedere.

Gli infermieri, gli OSS, i medici hanno preso il letto di Rosina, le stampelle con le flebo attaccate, la bombola dell’ossigeno, l’hanno trasportato fino a dove stava Giuseppe. Li hanno messi vicini. Quanto bastava perché potessero vedersi, darsi la mano.

Per farsi ancora una promessa. Magari l’ultima, oppure chissà, magari per mantenere la promessa che si sono fatti chissà quanti anni fa, magari la prima.

Sia come sia, ci sono anche storie così, la storia di Rosina, di Giuseppe, di infermieri, OSS e medici, di speranza, di sorrisi, magari pure qualche lacrima. Ecco, quando vi verrà da definire “improduttivo” qualcuno, ricordatevi di Rosina, di Giuseppe, delle loro promesse, delle loro paure, del loro amore. Quando vi verrà da criticare un infermiere, un OSS, un medico, ricordatevi di quelli che hanno messo vicini Rosina e Giuseppe.

Perché l’amore non sarà produttivo, ma senza quello tutto il resto non conta un cazzo.