DI ANTONELLA PAVASILI
Finisce questa giornata di gioia, 19 marzo, la festa del papà.
Per tutto il giorno abbiamo visto fotografie di papà meravigliosi abbracciati ai loro figli, abbiamo letto post commoventi e tenerissimi, abbiamo celebrato le colonne portanti e le fondamenta della nostra vita.
I nostri papà.
Ma non tutti i papà sono come i nostri.
Eroi silenziosi, braccia forti, conforto e rifugio, mani rovinate dal lavoro e sorrisi rassicuranti.
No, non sono tutti così i papà.
Ci sono anche quelli che sono papà per sbaglio, per uno scherzo del destino.
Sono quei papà che “dimenticano” i loro figli come fossero zainetti pieni di niente.
Sono quei papà che picchiano la mamma, forte, forte, forte.
Così forte che a volte l’ammazzano.
E ci sono anche quelli “orchi” che violano corpo, anima e cuore dei loro figli.
Sì, ci sono anche quei papà.
Che possono vivere anche cent’anni ma rendono i loro figli orfani disperati, devastati dal più atroce dei dolori.
Il dolore dell’inganno, della delusione, della violenza.
Ci sono quei papà.
E ci sono anche i figli di quei papà.
Che forse oggi avranno staccato i social per non soffrire troppo, che avranno pianto lacrime amare e disperate, che aspettano solo che questo giorno finisca.
Figli, figli di un Dio minore.
Perché a nessun figlio dovrebbe mai mancare quella colonna.
Perché il 19 marzo dovrebbe essere festa per tutti i figli.
Anche per quelli che la parola “papà” non riescono nemmeno a sussurrarla.
Perché fa troppo male.
A loro auguro un domani da grandi papà, da grandi mamme.
Un futuro pieno di tutto quell’amore che i loro papà gli hanno negato.
Perché l’amore è come un vento caldo.
Soffia forte, si ferma, va via.
Ma poi torna, torna sempre.
Tornerà un 19 marzo, quando un bambino vi dirà “auguri papà”