DI CLAUDIA SABA
Un anno fa se ne andava Luis Sepúlveda.
Era nato alla “fine del mondo”, proprio nella parte opposta del nostro mondo.
Faceva il poeta.
Ma raccontava storie fantastiche, più reali di quelle vere.
Ci ha convinto che un gruppo di gatti potessero insegnare a volare ad una gabbianella.
Ci ha insegnato la libertà del cielo, in un tempo, in cui era “vietato guardare il cielo”.
E chi sognava di volare libero,
andava in prigione.
Anche lui andò in prigione.
In Cile, dove era nato 72 anni fa.
Quando fu mandato via dal suo mondo, andò in giro a raccogliere storie per raccontarle a tutti.
Luis Sepúlveda era sopravvissuto a Pinochet ma non al Coronavirus.
Stroncato anche lui da questo virus che sta imperversando nel mondo.
Ma le persone come lui non muoiono mai.
Restano vive nei libri che hanno scritto.
Tra i racconti dei loro viaggi, dei mondi nuovi che hanno visto e dentro storie fatte di sogni.
“Vola solo chi osa farlo”.
Perché “Solo sognando e restando fedeli ai sogni riusciremo a essere migliori e, se noi saremo migliori, sarà migliore il mondo”.
Ci ha lasciato, ma i suoi libri restano con noi.
Delicati e potenti.
“Per tutto il tempo – lungo o breve, non importa, perché la vita si misura dall’intensità con cui si vive”