DI VIRGINIA MURRU
E come spesso accade, in ambito Ue l’Italia risulta la peggiore, secondo le tabelle stilate da Eurostat, dato che, in termini di perdite salariali, c’è stata una regressione pari al 7,5%. Ben lontana dalla media dell’Unione, che è risultata dell’1,90%.
Ma del resto nel volgere di un anno, le continue chiusure per ragioni di emergenza sanitaria, hanno messo in ginocchio soprattutto le piccole e medie imprese, e il clima di allarme di Confindustria è stato costante.
Le tabelle dell’Istituto di Statistica della Commissione Europea (fa parte della Direzione Generale) sono state aggiornate in base ai dati macro riguardanti il Pil, e da qui risulta che la differenza con la situazione del 2019 è notevole per ciò che concerne la massa di salari e stipendi: si è passati da 525,730 mld nel 2019 a 486,450 nel 2020.
In altri paesi europei ci sono state, per ovvie ragioni, delle flessioni nell’andamento dell’occupazione, ma non così marcate come in Italia; in Germania si sono persi ‘solo’ 13 mld di monte salariale, in Francia sono stati 32 (sempre secondo i dati Eurostat).
Ha ovviamente inciso, soprattutto nel nostro Paese, il ricorso praticamente sistematico alla Cig per salvare i posti di lavoro, ma il dato sulle perdite rilevate nell’occupazione resta il più drammatico.
Intanto, sempre nel 2020 come anno di riferimento, il risultato sulla massa dei salari a prezzi correnti, è inferiore ai livelli raggiunti 4 anni prima ( nel 2020 è stato di 486,59 mld – nel 2019, 490 mld). Come conseguenza è stato pertanto azzerato il trend in crescita dei salari dal 2015, tramite la decontribuzione sulle assunzioni promossa dall’esecutivo in carica (governo Renzi).
Secondo gli ultimi dati Istat, infatti, si sono persi nel giro di un anno, quasi un milione di posti di lavoro.
In termini percentuali, la riduzione del tasso di occupazione è stato pari a 2,4 punti (ossia al 60,9% – dal 63,3%). Notevole il crollo dei contratti a termine, che hanno risentito delle lunghe chiusure, dovute alle misure di contenimento del virus, ed eccezionali sono state le misure straordinarie adottate per salvaguardare proprio il fronte occupazione, attraverso il massiccio ricorso agli ammortizzatori sociali.
Anche in ambito Ue gli esecutivi sono ricorsi alla Cassa integrazione, sempre per contenere l’impatto delle misure di emergenza, ma i dati sono distanti da quelli riguardanti l’Italia. La causa è evidente, dato che l’economia italiana, nonostante dal 2019 si fossero create le basi per buone prospettive di crescita, presentava comunque caratteristiche di fragilità.
Prima degli sconvolgimenti causati dagli interventi straordinari, messi in atto per affrontare l’emergenza sanitaria, del resto, nei confronti delle economie Ue più avanzate, c’erano dei ritardi per quel che concerne i conti pubblici, con debito e deficit che hanno impedito autentiche strategie nelle manovre economiche e finanziarie.