DI LEONARDO CECCHI
Marcello Dell’Utri, condannato per concorso esterno in associazione mafiosa.
Cesare Previti, condannato per corruzione.
Enzo Inzerillo, condannato per concorso esterno in associazione mafiosa.
Ferdinando Di Orio, condannato per induzione indebita.
Vittorio Cecchi Gori, condannato per bancarotta fraudolenta.
Questa è solo una rosa degli ex senatori che potranno probabilmente riprendersi il vitalizio, a seguito della mossa della destra in Senato, che ha cancellato la delibera Grasso del 2015 per ridarlo a Formigoni.
Come ben spiega il giornalista del Fatto Giuseppe Pipitone, il rischio è infatti che se lo prendano anche condannati per mafia come Dell’Utri. Perché la tesi della Commissione che ha prodotto questa stortura, che dice di appellarsi alla legge sul reddito e la pensione di cittadinanza, che esclude i condannati per mafia, è ridicola, dato che il Parlamento decide per sé e non deve rifarsi alla legge ordinaria.
Per ridare il vitalizio ad un uomo condannato per truffa, rischiamo di dare palate di soldi anche a chi ha avuto seriamente a che fare con la mafia. Oltre, ovviamente, a chi ha “bazzecole” come corruzione o bancarotta fraudolenta.
Il trionfo della barbarie.
L’arrogante vittoria di una arrogante élite che gode nel reiterato abuso dei sani principi liberali come l’autonomia delle Camere, e il cui frutto viene poi sadicamente sbattuto in faccia ai comuni mortali, al Paese reale, al fine di renderlo, proverbialmente, becco e mazziato.