DI CRISTINA CORREANI
“Politica e mafia sono due poteri che vivono sul controllo dello stesso territorio: o si fanno la guerra o si mettono d’accordo.” [Paolo Borsellino]
Giovanni Brusca lascia il carcere con 45 giorni di anticipo rispetto alla fine della sua condanna.
Se gli avessero dato un anno per ogni persona uccisa o fatta ammazzare sarebbe dovuto restare in carcere almeno 200 anni. L’omicidio del piccolo Giuseppe Di Matteo da solo varrebbe almeno 15 ergastoli, uno per ogni anno di vita di quella povera creatura.
E invece Brusca prima della scarcerazione definitiva aveva già ottenuto 80 permessi premio. Dicono, eh però, la legge sui benefici di pena per i collaboratori di giustizia l’ha voluta Giovanni Falcone: sì, certo, prima di essere stritolato insieme alla moglie e agli uomini della scorta nella strage voluta da Riina ed eseguita da Brusca.
Per me l’ergastolo si può pure abolire visto che lo stato non sa considerare l’umanità nella pena detentiva, ma quello stesso stato non può chiedere ad una comunità di persone annichilite dal dolore dei morti di mafia, dalla pena e la rabbia di vivere in un paese dove la criminalità ha spesso la meglio anche di accettare il trattamento di favore in nome del diritto e della legge per Brusca, “lo scannacristiani”, stragista, fu lui ad azionare il telecomando che fece saltare in aria l’autostrada di Capaci, ritenuto colpevole di almeno duecento omicidi fra cui quello di Giuseppe Di Matteo, rapito quando aveva 12 anni, strangolato e sciolto nell’acido quando ne aveva 15 per fare un dispetto al padre, pentito di mafia.
Tantomeno può chiederci di credere che uno così possa essersi ravveduto o ravvedersi in futuro.