SAMAN UCCISA DALLO ZIO?

DI ANGELA AMENDOLA

Della giovanissima Saman Abbas, non si sa più nulla da più di un mese, da fine aprile. È sparita improvvisamente come per magia, scomparsa. La sua è una delle tante difficili storie, nella nostra nazione ormai multietnica. Ma nonostante la multietnia, l’integrazione tra culture e usi non è semplice. Il destino di migliaia di ragazze si divide tra un matrimonio già combinato spesso con parenti di età molto più grande, e il loro, più che giusto, bisogno di vivere come le coetanee occidentali. Sono poche che riescono ad opporsi a questi matrimoni, la maggior parte delle ragazze o scompare o chiede aiuto alle istituzioni italiane.

Per Saman non ci sono purtroppo le speranze che sia ancora viva, come invece continua ad affermare il padre. Cresce di più l’indignazione perché non riusciamo proteggere la vita di queste donne, che vivono ormai da tanto nel nostro paese e vogliono vivere dicendo no alle imposizioni di una famiglia patriarcale.

Le ragazze che tentano di ribellarsi, lo fanno prima di tutto con l’abbigliamento. Già vedendo le foto di Saman velata e senza velo, sembrano due ragazze diverse. Il velo opprime queste ragazze. Opprime tutte queste giovani come Saman, Hiina, Sana, ma quante ancora dovranno essere ammazzate dalle famiglie perché non vogliono accettare matrimoni combinati, e non vogliono divieti per frequentare ragazzi italiani! Saman aveva denunciato i genitori per maltrattamenti, e aveva vissuto per diverso tempo in una casa accoglienza. Compiuti i diciotto anni era tornata a casa. Era convinta di poter amare, ormai maggiorenne, in libertà il ragazzo di cui era innamorata. Ma cosa è successo?

Ci troviamo davanti ad un nuovo caso di femminicidio, ed è un “delitto d’onore”, come è ancora ammesso per alcuni popoli. Ci sono immagini, riprese da una telecamera, dove si vede uscire la ragazza in compagnia dei familiari, e il giorno dopo gli stessi, muniti di pale e secchi che si dirigono nel posto dove erano andati con la giovane… Perché con quegli attrezzi in mano? La famiglia è subito scomparsa dalla cittadina, come mai sono ripartiti in fretta? Madre e padre sono indagati per il presunto omicidio assieme a uno zio e a due cugini, tra cui uno arrestato domenica a Nimes, mentre stava tentando di raggiungere senza documenti alcuni parenti in Spagna.

L’ipotesi che gli inquirenti avanzano è che i genitori, quella sera, stessero accompagnando Saman dallo zio, il quale sarebbe stato pronto a ucciderla, subito dopo l’ennesimo litigio. La versione sarebbe stata confermata anche dal fratello 16enne della giovane, ospitato in una comunità protetta in provincia di Bologna: il ragazzo avrebbe spiegato agli investigatori che la sorella scomparsa in realtà sarebbe stata uccisa.

Ma c’è una nuova notizia di poche ore fa.

L’Unione delle Comunità islamiche d’Italia reagisce così al caso di Novellara. Una «fatwa» contro i matrimoni combinati e le mutilazioni genitali femminili. Così, per dare un segnale e per prendere le distanze, l’Ucoii ha diffuso un comunicato stampa, annunciando l’intenzione di emettere «una fatwa contro i matrimoni combinati forzati e l’altrettanto tribale usanza dell’infibulazione femminile» e al tempo stesso rigetta «qualsiasi speculazione politica di questa triste vicenda che mira ad infangare l’intera comunità islamica italiana». Un passo avanti per evitare situazioni così drammatiche.

Da noi, in Italia i matrimoni combinati non esistono più da qualche decennio. Questo lo dobbiamo agli Anni ‘70, e al raggiungimento della maggiore emancipazione femminile, anche nelle vecchie famiglie patriarcali del Sud dove la si praticava di più, le nozze diventarono una libera scelta. Eppure oggi, per molti dei ragazzi immigrati di seconda generazione, sono i genitori a scegliere i futuri partner, secondo le tradizioni dei vari Paesi d’origine.

Storia e letteratura ci offrono molti esempi celebri di questo genere di unioni, nozze di convenienza che spesso servivano per sancire unioni commerciali o alleanze politiche. I più conosciuti sono quelli che riguardano i sovrani, spesso veri e propri accordi diplomatici. Ma nei casi odierni è solo un fattore di religione e costumi dei paesi di origine.