DI LUCA BAGATIN
Il 4 giugno 1946, 75 anni fa, Juan Domingo Peron, indimenticato Presidente argentino, assunse la sua prima presidenza.
Già divenuto popolare a seguito del golpe militare del giugno 1943, allorché, assieme ai suoi compagni del Grupo Oficiales Unidos (Gruppo Ufficiali Uniti), rovesciò il governo conservatore del corrotto Ramon Castillo, divenendo Ministro del lavoro e dello stato sociale, Peron contribuirà presto ad emancipare le classi proletarie e oppresse, i cosiddetti descamisados.
Eletto dal Partito Laburista, con il suo primo governo, Peron, inizò a garantire maggiore equità e distribuzione del reddito, iniziando a reprimere ogni forma di oppressione.
Fondatore, nel 1947, del Partito Giustizialista, di orientamento anticapitalista e populista di sinistra, Peron aumentò i salari, mise sotto controllo i prezzi (a iniziare da quello degli affitti) e migliorò le prestazioni previdenziali, investendo nel rafforzamento dello stato sociale. Nazionalizzò i servizi pubblici quali compagnie telefoniche, elettriche, gas e ferrovie.
Tutto ciò si tradusse non solo in un miglioramento delle condizioni di vita dei settori popolari, ma anche in un aumento del PIL, dei beni e dei servizi disponibili e in un forte calo del debito contratto con l’estero.
Nel 1945, Peron, sposò Eva Duarte, soprannominata affettuosamente dal popolo Evita. Evita contribuirà molto alla popolarità del marito, occupandosi peraltro per tutta la sua pur breve vita (morì nel 1952, a soli 33 anni) di diritti delle donne, dei bambini e degli anziani.
Furono i governi di Peron a introdurre, in Argentina, la legge sul divorzio, a sopprimere l’educazione religiosa nelle scuole e a legalizzare la prostituzione. Tutto ciò costò a Peron la scomunica da parte del Papa dei cattolici Pio XII.
Nel settembre 1955, un’alleanza fra clero, militari e servizi segreti statunitensi, ad ogni modo, bloccò ogni nuova riforma peronista: un Colpo di Stato guidato dal generale Pedro Eugenio Aramburu, infatti, destituì il Presidente Juan Peron da ogni carica e lo costrinse all’esilio. Un esulio che durò sino al 1973.
In Argentina, peraltro, il Partito Giustizialista fu dichiarato illegale e per quasi vent’anni l’Argentina e il suo popolo subirono un lungo susseguirsi di dittature militari e di violenze, oltre che di pesantissime crisi economiche e di ruberie di Stato, che non permisero più al Paese di risollevarsi come aveva fatto, invece, durante il decennio peronista.
Juan Domingo Peron, ad ogni modo, nel suo esilio di Madrid, scriverà, nel 1967, una sorta di testamento politico, di documento storico e di esortazione al popolo ed ai popoli e lo intitolerà, emblematicamente, “L’ora dei popoli”. In tale testo, che anticiperà il suo ritorno trionfale in patria nel 1973, oltre a denunciare i suoi nemici in patria, denuncerà il pericolo dell’imperialismo yankee, ovvero statunitense. Inoltre, fu forse il primo a denunciare le manovre speculative dei governi USA relative al dollaro, fra cui il fenomeno dei signoraggio, e del Fondo Monetario Internazionale che, peraltro, sono tutt’oggi all’origine della crisi economica che stiamo subendo e fu il primo che, durante il suo mandato di governo, propose l’unificazione dell’America Latina, ovvero la fondazione degli Stati Uniti Latino-Americani.
Peron nel suo “L’ora dei popoli”, a proposito del giustizialismo e delle sue prospettive scrive infatti: “Il giustizialismo si fonda su tre grandi premesse: 1) La necessità di promuovere una riforma che il mondo dei nostri giorni, con la sua inarrestabile evoluzione, stava segnalando come un imperativo ineludibile. 2) La necessità di una integrazione latino-americana per creare, grazie ad un mercato ampliato, senza frontiere interne, le condizioni più favorevoli al nostro sviluppo; per migliorare il tenore di vita dei nostri 200 milioni di abitanti; per creare le basi dei futuri Stati Uniti Latino-Americani, posto che spetta all’America Latina nelle questioni mondiali. 3) L’opportunità di realizzare un’integrazione storica che permetta di consolidare quella liberazione per la quale lottano oggi quasi tutti i popoli sottomessi.
La lotta in favore dei popoli sottomessi, infatti, fu la costante del pensiero e dell’azione di Juan Peron. La sua posizione politica, infatti, coincideva con quel Terzo Mondo sfruttato e depredato dagli USA e, in tal proposito, scriveva, anche riferendosi alla dittatura antiperonista che stava in quegli anni martoriando l’Argentina: “I governi usurpatori di quelle dittature che pretendono di affermare la propria esistenza con la protezione straniera non possono durare. I governi militari e imposti dal Pentagono e dal Fondo Monetario Internazionale, incorreranno nella stessa sorte in Vietnam come in America Latina, in quanto nulla di stabile può essere fondato sull’infamia”.
Socialismo, integrazione storica del Terzo Mondo e dell’America Latina, sovranità popolare, tutti aspetti che gli imperialisti non potevano e non possono tollerare.
Juan Domingo Peron, nonostante il ritorno trionfale in patria nel 1973 e la sua successiva rielazione, lasciando presto il governo nelle mani della seconda moglia Isabelita – che certo non aveva il piglio e l’anima sociale di Evita – non riuscì, causa anche la sua morte avvenuta nel 1974, ad impedire l’avvento di nuovi golpe militari che soffocarono ogni possibile riforma in Argentina.
Fu solo nel 2003 che, con Nestor Kirchner e successivamente sua moglie Cristina (attuale Vicepresidente dell’Argentina), il peronismo tornò al governo, salvo la breve e catasfrofica parentesi del liberale Mauricio Macri (2015 – 2019).
Oggi, nel solco del peronismo, il governo argentino è presieduto da Alberto Fernandez, il quale prosegue nella storica promozione dei diritti sociali e civili del Paese.
Luca Bagatin