GUCCINI E LE SUE RADICI

DI ANGELA AMENDOLA

Francesco Guccini, ieri ha compiuto gli anni.
Lui, cantautore molto conosciuto, di fama e con spessore intellettuale, ha regalato ad intere generazioni i suoi testi poetici e molto profondi. Guccini incarna la figura di intellettuale che ora raramente troviamo. Di intellettuale eclettico e molto erudito. Lo ha dimostrato non solo nei suoi brani, ma anche come scrittore. Il suo libro, l’ha portato tra i cinque finalisti del Premio Campiello nel 2020, “Tralummescuro. Ballata di un paese al tramonto.”
Radici è il titolo di uno dei suoi primi album e radici sono quelle che lo legano a Pavana, il piccolo paese tra Emilia e Toscana.
Oggi il paese è disabitato e in questo silenzio descrive i suoni di un tempo lontano, in cui la montagna era luogo laborioso e vivo, la terra era dura ma accogliente per chi la sapeva rispettare. Rinascono così nel libro, i vecchi personaggi, vecchi mestieri e suoni. Gli artigiani all’opera in paese, i primi sguardi scambiati con le ragazze in vacanza, i giochi, gli animali e i frutti della terra, atmosfere, vite non importanti, illustri, eppure piene di significato.

«La vecchia cultura contadina di una volta non c’è più, appare rarefatta in sottilissimi e lontanissimi strati, ma è scomparsa e affogata, nessuno parla più il dialetto, molti non l’hanno mai parlato, e non c’è una cultura altra a sostituire quella vecchia. Ha fatto il suo ingresso trionfante quella della televisione, delle trasmissioni più trucide che formano le opinioni e le coscienze, col senso della paura e delle aggressioni, furti, violenze che le stesse televisioni instillano».
Il cantautore sfoglia l’album dei ricordi, contamina il suo dialetto con la lingua italiana, per scrivere di persone e cose di un mondo che non esiste più da decenni.

Tralummescuro è la ballata per un paese al tramonto. Lui cresciuto lì, ha condotto una vita semplice, ricorda i tetti delle case che fumavano per i ciocchi nei camini.

Le mulattiere che ora sono deserte, consentivano una comunicazione da un posto all’altro, con una viabilità che permetteva alla gente un andare incessante e venire in ogni parte, percorrendo quotidianamente quelle vie piene di scambi umani.

Lo scrittore Guccini, riempie il suo libro con la malinconia per dare un ordine ai ricordi di un tempo perduto.
Tralummescuro è un mondo, una civiltà che non esistono più. Di gente che non c’è più.

Questa è una testimonianza preziosa, destinata a restare, perché salva la memoria di un tempo perduto di persone e cose. E senza la memoria non siamo niente, non sappiamo niente.

Nato a Modena, il 14 giugno del 1940, è considerato uno degli artisti più rappresentativi del panorama italiano e non solo. È anche scrittore, autore di colonne sonore e di fumetti, nonché autore di canzoni per altri famosi interpreti. Guccini trascorre i primi anni di vita a Pavana, sull’Appennino pistoiese. Con la madre che è costretta a rifugiarsi nella casa dei nonni paterni a causa della Seconda Guerra Mondiale. Dopo la guerra Francesco Guccini torna a Modena insieme alla famiglia e terminate le scuole inizia a lavorare come giornalista per la Gazzetta di Modena
Francesco Guccini si trasferisce a Bologna e si iscrive all’Università. Un periodo che ispirerà alcuni dei suoi capolavori: completa gli esami, ma non si laureerà mai e nella canzone “Addio” canta, parafrasando Socrate, “io, Francesco Guccini, eterno studente” …

Negli anni ’60 il nome di Guccini inizia a circolare soprattutto come autore. Tra i suoi brani più celebri di quel periodo si ricordano “Auschwitz” per l’Equipe 84 e “Dio è morto” per i Nomadi e, in contemporanea scrive per Caterina Caselli.

Nel 1967 arriva la pubblicazione del suo primo disco, intitolato “Folk Beat n. 1”, con brani famosi quali “Noi non ci saremo” e “Statale 17”.

Tra le tappe più significative della carriera di Guccini c’è sicuramente il suo quarto album, “Radici”, del 1972. Al suo interno c’è “La locomotiva”, ballata anarchica ispirata a una storia vera del 1893 e considerata una delle sue canzoni cult.

Altro album indimenticabile è “Via Paolo Fabbri 43” del 1976, il cui titolo altro non è che l’indirizzo bolognese di Guccini.

All’interno di quest’album c’è la canzone “Piccola storia ignobile”, un brano dedicato alle polemiche sull’aborto.

Oltre a pubblicare i suoi dischi, parallelamente, Guccini non abbandona mai la sua passione per la scrittura: nel 1989 scrive “Croniche Epafaniche”, un racconto dell’infanzia pavanese. Nel 1993 esce “Vacca d’un cane”, un libro sull’adolescenza a Modena e gli inizi musicali
Nel 1998 Guccini recita nel film “Radio Freccia”, di Luciano Ligabue, con Stefano Accorsi.

Dopo aver annunciato il ritiro dalla musica, Guccini torna a cantare nel 2015.
Anche se non ha mai concluso gli studi universitari, Guccini ha due lauree honoris causa. La prima in Scienze della Formazione Primaria conferitagli dalle Università di Bologna e Università degli Studi di Modena e Reggio Emilia nell’ottobre del 2002. La seconda in Scienze Umanistiche dall’American University of Rome nel maggio 2012.