DI ALBERTO EVANGELISTI
Oggi fra partiti di maggioranza si litiga sulla riforma della giustizia. Sulla prescrizione in particolare.
“Si, no, no ma, si però…tutto molto bello”.
Intanto nessuno ha minimamente affrontato un punto che, a mio modestissimo avviso, è anche più caratterizzante e incisivo: la cd “mitigazione dell’obbligatorietà dell’azione penale”.
Oggi vige un principio secco di obbligatorietà dell’azione penale, il che in soldoni, significa che il PM non può scegliere quali notizie di reato perseguire e quali no ma deve procedere per ogni notizia che riceve.
Questo da un lato libera il PM da ogni possibile pressione, non a caso quel principio è annoverato fra le garanzie d’indipendenza della magistratura. Dall’altro ovviamente aumenta notevolmente il numero dei fascicoli aperti e, di conseguenza, i tempi della giustizia.
La riforma mitigherebbe tale principio prevedendo che il Parlamento dia i criteri di priorità sulle notizie di reato, indicando i parametri, reato, pericolosità sociale, di quelli da perseguire prima.
Questo di fatto significa che il parlamento indicherà quali reati perseguire prima e quali dopo o, visto il numero e i tempi…mai. Immagino la priorità attribuita ai reati c.d. da colletti bianchi.
Ora, capiamoci, di per se la cosa è pienamente plausibile e legittima; in molti paesi l’obbligatorietà dell’azione penale semplicemente non c’è. Ma sono ordinamenti molti diversi dal nostro, con equilibri e contrappesi differenti. Ad esempio negli Stati Uniti, spesso presi ad esempio, i procuratori generali sono cariche elettive.
Quindi, iniziamo a meditare che così sarà e, magari senza stracciarci le vesti, immaginiamoci il nostro Parlamento intento a decidere quali reati sia più urente perseguire e quali meno.
Che almeno si sappia.