DI LIDANO GRASSUCCI
“Al di là di chi vota e di chi non vota, al di là dell’intervento, al di là del fare o non fare politica, l’importante sarebbe continuare a “essere” politici. Perché in ogni parola, in ogni gesto, in qualsiasi azione normale, in qualsiasi momento della nostra vita, ognuno di noi ha la possibilità di esprimere il suo pensiero di uomo e soprattutto di uomo che vuol vivere con gli uomini.
E questo non è un diritto. È un dovere”
Giorgio Gaber, Il voto.
Ma quanto costa un voto?
Al tempo di Achille Lauro, il sindaco monarchico di Napoli del secolo scorso, costava un paio di scarpe. Ti dava una scarpa destra prima del voto, la sinistra a voto, ed elezione, avvenute. Naturalmente il “calzato” assicurava il suo voto e anche quello della famiglia e il valore va diviso almeno per tre.
Un qualche tornata anche i venditori, si offrivano in tanti, si accontentavano di un chilo di pasta (ma di Gragnano) .
Oggi? Il borsino elettorale passa dal baratto di Lauro alla finanza di oggi. Stando all’inchiesta di Latina che ha portato all’arresto di Raffele Del Prete e all’avviso di garanzia a Matteo Adinolfi, entrambi della Lega, la quotazione sta a 225 euro a voto stante “il contratto” per 200 voti in cambio di 45.000 euro e si trattava di una elezione al comune di Latina dove un consigliere incassa netto 8000 euro l’anno. 8000 per 5 siamo a 40.000 totali. Insomma stanno fuori di 5.000 euro, fermo restando che 200 non bastano per essere eletti. Ma questi sono i “prezzi” questo è il “mercato”.
Si tratta di un mondo tipo Tesla il cui tornaconto non si capisce bene, il guadagno meno, ma le azioni della società incerta valgono più di quelle della Ford che ha una produzione di auto 40 volte superiore ed è la società che ha inventato l’automobile di consumo.
Achille Lauro lo capivo, di Napoli è stato Re, ma qui parliamo di posizioni neanche da lacchè.
Nell foto: Achille Lauro, sindaco monarchico di Napoli
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