DI ANTONELLA PAVASILI
Primi giorni di ferie. Mi sveglio al solito orario e realizzo che non devo andare al lavoro.
Sono colta da una strana sensazione di vuoto. Ma è normale, la tensione ha bisogno di tempo per allentarsi, i ritmi si devono assestare, la mente si deve abituare.
Tra le varie opzioni – mare, piscina, giro per negozi, caffè da un’amica – scelgo il caffè da un’amica. Me ne compiaccio. È un caffè lungo, molto lungo, durante il quale devo tenere a bada l’istinto che mi porta a controllare mail, messaggi, pec. Mi impongo di riporre il telefono in borsa e mi godo la chiacchiera.
Sorbita con lentissimo sorseggiare la seconda tazzina, ci salutiamo e salgo in macchina. Un giro per il mio paese, sdraiato sul mare, mi trasporta nella modalità vacanza.
Le attività sono ancora quasi tutte aperte, chiuderanno a ridosso della settimana di ferragosto, ma le facce son tutte diverse.
Il sole preso nei fine settimana le ha colorate e la prospettiva di qualche giorno di riposo le distende. Passo davanti ad un’officina e vengo travolta dai ricordi. Anche mio padre e mio zio chiudevano nella settimana di ferragosto, ma per noi bambini in questi giorni cominciava il countdown. Mancano 8 giorni, 7, 6, 5… E si parte! Tutti insieme, mamma, papà, zii, cugini, cari amici di famiglia.
A far le vacanze dirimpetto, alle isole Eolie. Che meraviglia. Mamma era già alle prese con la roba da portare, papà e zio preparavano le lenze, l’esca, gli attrezzi per pescare, noi prima i giochi e poi, da ragazzine, le collanine di perline colorate. I giorni scorrevano lentissimi e l’eccitazione cresceva.
Meno 4, 3, 2… Una gioia incontenibile ci prendeva. Una decina di giorni tutti insieme, da mane a sera, dividendo spazi spesso angusti, consumando i pasti in tavole strette ma colme di cibo e allegria.
Mattine e pomeriggi in spiaggia. E i giri in barca – beh, barca è un parolone, barchetta andrebbe meglio – coi tuffi al largo, prima coi braccioli e poi, mano mano che passavano gli anni, senza, con piglio da esperte nuotatrici. E finalmente arrivava il giorno prima della partenza. Meno 1…
Ho davanti agli occhi, nitida, l’immagine del corridoio ingombro di valigie, le scatole con i giochi, le piante spostate per prendere luce, la chiave di casa affidata alla vicina per dar loro l’acqua, il frigorifero svuotato.
E gli occhi di mio padre. La gioia, la felicità. A tavola, alla sera, mentre consumavamo quella cena semplice prima della partenza, sembravamo tutti punti dalla tarantola. Hai ricordato questo, e quello, e quell’altro? E il saluto ai nonni, dalle cui mani sgusciava quella banconota per comprare il gelato “p’amuri nostru” che finiva nei borsellini e ci faceva sentire ricche.
E poi l’esortazione “Andiamo a letto, che domattina si parte prestissimo…” E chi dormiva?
Quando ci si assopiva, arrivava papà “Sveglia, si parte!” E arrivava lo zero… Il giorno della partenza. Il viaggio in macchina pigiati tra valigie e pacchi, la nave al porto che ci ingoiava nella sua enorme bocca, il mare che trasudava profumi e umidità.
Il rumore delle ancore, le urla dei marinai “molla…” E via, verso le isole. Verso quel paradiso di amore e gioia. Così forte, così intenso, da restare incollato indelebile nella memoria.
Come l’odore di zolfo di Vulcano, il sapore testardo dei capperi di Salina, il sale a cristalli di Lipari sulla pelle. E le mani di mio padre. Che verso la fine della vacanza si sbiadivano, perdevano il grasso delle macchine che aggiustava, ma erano sempre forti, salde, sicure. Mentre ci accompagnavano verso quella miniera di emozioni che dopo quarant’anni, sono ancora lì, identiche, dolorose, commoventi.
E ritorno in macchina. Saluto con la mano il proprietario dell’officina, figlio di un vecchio amico di papà. Mi sorride e faccio in tempo a scorgere la luce nei suoi occhi. La stessa che c’era negli occhi di mio padre.
Tra qualche giorno abbasserà la saracinesca, pochi giorni di riposo. “Chiuso per ferie” Spero bastino perché anche lui conduca i suoi figli verso quella miniera che ancora oggi mi fa sentire ricca. Immensamente ricca…
La foto, scattata da Lipari, è un capolavoro di Marcello Santalco. Vulcano e, sullo sfondo, la Sicilia dominata dall’Etna in eruzione. Il cielo non si può spiegare…come le emozioni più intense.