DI CLAUDIA SABA
Il mio ferragosto inizia alle ore 10 del 14 agosto con un whatsapp della mia amica Piera.
“Ciao Claudia. Che ne dici di passare due giorni nella mia casetta fuori città?”
“Appuntamento ore 18 nella piazzetta sotto casa mia”.
Perché no? mi dico. In fondo non ho nulla da fare.
E l’avventura ha inizio.
Riempio la valigia di vestiti, scarpe e borse del mio intero guardaroba.
Resteranno inutilizzati, lo so bene, ma devo portarli comunque.
Non si Sa mai.
Potrebbe servirmi proprio
quella borsa che all’ultimo momento ho deciso di lasciare.
E così per non sbagliare, porto tutto come me.
A quel punto una valigia non basta più.
Ne servono almeno due per due giorni di vacanza.
Trovo Piera ad aspettarmi in piazzetta alle 18, con altre due valigie.
Infilarle nel bagagliaio è un’impresa. Per riuscire ad incastrarle tutte, ricorro a giochi di prestigio e dopo
aver sudato sette camicie riesco a chiudere il bagagliaio.
E si parte, finalmente.
“Destinazione paradiso” canterebbe qualcuno.
E cantiamo anche noi.
A squarciagola con i capelli al vento come Thelma & Louise.
Il vento è fondamentale.
Spazza via tutti i pensieri che hanno fatto polvere nella testa.
E cantiamo.
La musica mandata alla radio con canzoni sottotitolate a modo nostro perché i testi … ma chi se li ricorda più?
Voglia di libertà, di spazi e tempi, di evasioni che sono sempre meno nel nostro vivere.
Che meraviglia potersi riappropriare di se’ stessi, dei momenti persi nell’ozio del troppo.
Il traffico ci porta via tempo.
È quasi buio quando scendiamo davanti alla casetta di Piera in campagna.
Fuori sembra tutto a posto
È dentro che ci aspetta la vera sorpresa.
Il primo ad accoglierci è un bel ragno.
Di quelli neri con mille zampe curve che non ne vedevo da tempo.
Subito seguito da un secondo e poi un terzo.
La casa è disabitata e l’aria dentro ha l’odore stantio di stanze nascoste al tempo.
Senza perderci d’animo diamo
una breve ripulita e scendiamo giù in paese. Le valigie possono attendere.
Siamo ancora in tempo per una pizza e fuochi d’artificio.
Alzo la testa al cielo.
Al cielo pieno di luci che ci sovrasta ogni momento e non guardiamo mai.
E all’improvviso, nonostante
la fantastica notte insonne che mi attende, la mia mente torna all’adolescenza, al bagno di mezzanotte con gli amici, ai falò sulla spiaggia.
Ai colori vivi stampati sui volti spensierati di allora.
E allora anche questa notte può prendere una nuova piega.
Un significato diverso.
In fondo ciò che volevo era proprio questo.
Staccarmi dal vivere comune,
dalla noia quotidiana, dalla solitudine della città ormai deserta.
Desolata, la mia città, lo era già molto prima di ferragosto.
Ma non posso fare molto per cambiarla.
Posso cambiare me, la mia visuale di tempo, luogo, spazio.
E partire e’ sempre l’inizio di qualcosa.
Oppure la fine.
È comunque andare altrove, muoversi con il corpo ma anche con la mente.
C’è chi parte per distrarsi, chi per riposare, chi per raggiungere qualcuno.
Un amore lontano, la famiglia, un figlio.
E poi c’è chi parte per tornare dentro se stesso.
Io sono partita per tornare a me.
Con due valige piene di sogni, immagini e parole che non riesco più a dire.
Rimetterò tutto al suo posto.
I sogni, che in certi momenti diventano ancora più vitali, le immagini di una me che non smetterò mai di inseguire e tutte le parole che non dico le trasformerò in vivide emozioni.
Perché la vita è davvero “vita” quando troviamo il coraggio di emozionarci ancora.
È prenderci cura della nostra felicità.
Delle persone che ne fanno parte.
Il nostro tempo è prezioso, noi siamo preziosi.
E tutto quello che sta fuori di noi, non merita il nostro tempo.
Merita solo il vento.