DI CLAUDIA SABA
Si chiama Antonino Sciuto, detto Tony. E metto la sua faccia in bella vista.
È lui l’assassino di Vanessa, la ex fidanzata uccisa a colpi di pistola mentre passeggiava con le amiche, a Catania.
Vanessa lo aveva denunciato tante volte, il gip di Catania aveva stabilito il divieto di avvicinamento, ma Tony era libero di girare tranquillamente.
Braccialetto elettronico? Neanche a parlarne. Chi controlla in questi casi?
Nessuno!
Tony, a guardarlo, sembra quasi un angelo.
Invece è un freddo e lucido assassino, uno che non ci ha pensato due volte a sparare su Vanessa a sangue freddo in mezzo alla strada e davanti a testimoni.
Qualcuno scriverà che Tony ha ucciso per “troppo amore”.
Quel troppo amore che in tribunale servirà a diminuire la sua pena, quando lo troveranno, perché dopo l’omicidio, Tony è fuggito.
Di Vanessa resterà un nome, una copertina con la sua foto sparata su qualche giornale
E parole, tante parole che puntualmente cadranno nel vuoto fino alla prossima donna morta ammazzata.
Perché i fatti dicono che Vanessa aveva denunciato. Che avrebbe dovuto essere protetta e tutelata dallo stato.
Uno stato piccolo, troppo impegnato e distratto per occuparsi di una donna che denuncia.
Incurante del fatto che uomini come Tony accumulano odio, organizzano la vendetta, e poi uccidono.
Alle donne resta la paura, di denunciare e non essere protette, di parlare e non essere credute.
E di essere tradite.
Come Vanessa e tante altre donne e ragazze uccise “per troppo amore”.
Tradite più volte.
Dal carnefice, dalle parole scritte a sproposito su qualche giornale, e dallo stato che nulla fa per impedire che le donne continuino a morire.
Come Vanessa.