DI LIDANO GRASSUCCI
NOTA DI LETTURA: quando pensiamo, ragioniamo, cerchiamo la nostra testa fa arbitrari collegamenti, segue luci tutte sue e si spegne quando vuole, non digerisce i peperoni e trova stucchevole la melassa, ma non il rum. Leggetelo così, seguendo i fumi del bere e del tempo che corre via.
Chi sono io per dirvi tanto? Ci penso e ci ripenso e non trovo la risposta. Sento che manco, manco di una idea fissa di me, di una idea di terra ferma nel mondo. Sento che sono effimero, come stagione al tramonto.
Una foto di un tramonto che qualcuno che ora baciarsi cercando di non farci vedere dalla terra, fidando nell’orizzonte del mare. I colori sono di luce viva che si spegne a luci morte. Una foto dove anche l’amore ha ombre, dove anche gli amanti non hanno idea di come andare avanti. Domani ci sarà il temporale, oggi no però…
Sto qui a cercare figure vive in racconti che, raccontati, sono già passati. In vivi che vivendo stanno già calando le carte che hanno in mano e non ce ne saranno altre.
Chi sono io per dirvi tanto? Ascolto musiche sempre eguali per l’orecchio abituato. Il racconto di un mancamento. Ho umori altalenanti, sapori insipidi e non ho fame.
Ho scoperto che non so parlare, non ho da dire, non ho nulla per alimentare la mia fame di raccontare le cose che intorno contano. Gridano che sono nudo, rispondo che non ho un minuto, ma io non sono mai uscito. Parlano di un altro diverso da me, ma io ho pietà di lui e lui non di me.
Spesso mi ha fatto pensare
Genti diverse venute dall’est
Dicevan che in fondo era uguale
E non mi hanno fatto del male
Credevano a un altro diverso da te
E non mi hanno fatto del male