IL FASCINO (IN)DISCRETO DI CALENDA

DI ALBERTO BENZONI



Perché Calenda piace a tante persone?

Innanzitutto perché ci tiene. E chi tiene ad una cosa, avendo i mezzi per ottenerla (soldi, media a disposizione, ma anche sorriso, affabilità, un ego talmente debordante da abbracciare l’intera umanità) di regola la ottiene.

Secondo perchè ci ripropone il Salvatore della Patria – figura tipica della seconda repubblica che ha messo in un angolo partiti e politica e non ha cura dei movimenti collettivi – in una versione più accattivante: troppo sfacciatamente governato dai propri interessi Berlusconi; troppo rozzi e troppo brutali Renzi e Salvini. Lui no; e, se dice di essere stato il primo della classe, dalle elementari ai giorni nostri e nessuno esibisce prove in contrario, siamo portati a credergli.

Terzo perché i ceti medi, categoria evanescente ma di cui la maggioranza degli italiani si sente di appartenere, odia la realtà. Perché la realtà è fatta di conflitti; e il “cetomediano” odia i conflitti. E, da seguace inconsapevole del pensiero unico, ama credere che, per ogni problema c’è una soluzione giusta e una sola. E che, se non si trova, è colpa della politica, dei politici e degli “estremisti”. E’ la musica suadente che vuole sentire; e Calenda gliela fa ascoltare quanta ne vuole. E di continuo. Garantendo, da solo, la qualità del prodotto.

Così facendo, però, anche per la sua simpatica stazza, occupa tutto lo schermo e ci impedisce di guardare oltre. Così da metterci in grado di capire che sui grandi problemi si confrontano sempre due scelte alternative. O, per dirlo più chiaramente, due indirizzi generali sui quali non è data una mediazione.

Così è per le grandi questioni come su quelle, apparentemente, piccole. Dalla opzione tra guerra fredda e collaborazione internazionale a quella sui migranti che può portare a condannare Mimmo Lucano come autentico criminale o a portarlo in trionfo come eroe.

E, allora, per favore, il nostro Sotutto si sposti un po’ di lato e ci lasci guardare. Ciò detto , nessuno potrà negargli lo spazio che si merita. Ma senza esagerare.