di GIANFRANCO ISETTA
Si assiste al dibattito politico-culturale che attraversa, non solo l’Italia, ma tutta l’Europa sul come riuscire ad affrontare la più grave crisi economica, ambientale e sociale, forse non solo del dopoguerra, che investe soprattutto l’Occidente capitalistico ma ormai, a cascata, l’intero pianeta.
Una crisi che si è sviluppata all’interno di un vero e proprio sommovimento planetario nei rapporti economici e commerciali tra le varie aree del mondo e dove la grande speculazione finanziaria si è inserita assumendo un ruolo decisivo fino ad influenzare e soppiantare sia l’economia reale che la politica nel loro compiti.
A questa si aggiunge la crisi climatica che sta assumendo una drammatica attualità e urgenza e che vede le nuove generazioni soprattutto esprimere, sia pure con scetticismo verso i governi e le istituzioni in genere, una spinta forte al cambiamento delle modalità in cui si muove l’economia in dispregio della natura in cui viviamo e quindi della tutela della vita delle persone e contro la crescente divaricazione delle condizioni economiche tra le persone.
Qui da noi in Europa si confrontano due opinioni anzi due schieramenti:
Da una parte c’è chi pensa ad un processo di crescita democratica, solidaristica e civile ulteriore della nostra comunità, e cioè che si dichiara apertamente europeista. Puntando a uno sviluppo, da conseguire attraverso la spesa pubblica e l’intervento della Comunità europea con i suoi strumenti anche finanziari. La Banca centrale, in questa ottica, a partire dall’allora governatore Draghi si sta occupando non solo di finanza, ma immette liquidità sul mercato per consentire nuovi investimenti, con il quantitative-easing. Ora è in vigore la scelta della nuova politica di interventi economici anche dietro la spinta della crisi prodotta dalla pandemia in tutti i campi: quello sanitario in primis ma anche quelli economici, sociali e direi persino sul piano antropologico. Tutto ciò ha prodotto e sta producendo cambiamenti radicali anche della politica nei vari paesi dell’Unione Europea.
Dall’altra parte è presente un movimento antieuropeista o, almeno in alcuni casi scettico, nei confronti di questo processo storico di progressiva unificazione europea, presente in misura diversa nei vari stati e in alcuni di essi addirittura prevalente perché al governo. Spesso fondato su posizioni di chiusura in molti campi: da quello dell’immigrazione alla negazione di alcuni diritti civili, politici e sociali.
Ecco, io credo che oggi, anche alla luce di recenti esiti elettorali in Germania, in altri stati europei, ma anche qui da noi, per quello che ci stanno dicendo le ultime consultazioni amministrative
lo scontro politico, ma anche la definizione di nuovi schieramenti, stia avvenendo o debba avvenire sempre più tra queste due visioni dell’Europa che incidono direttamente anche sulla vita dei cittadini nelle comunità locali.
Io penso si possa lavorare ad una strategia che porti alla composizione di uno schieramento che possa contenere alcune sensibilità e componenti presenti già in questa esperienza di governo e quindi forze della sinistra democratica. ma anche forze moderate e di centro che abbiano questa visione europeista comune così come traspare delle posizioni che vengono assunte di volta in volta nel sostegno al governo Draghi.
Diventa inevitabile il riferimento certo al Pd, allo schieramento di governo alla sua sinistra, al nuovo movimento che sta costruendo Giuseppe Conte, recuperando esperienze importanti come quelle di Roma e di Torino con Virginia Raggi e Chiara Appendino, ma anche all’elettorato che fa capo all’esperienza romana di Calenda e anche cittadini democratici che si sono organizzati autonomamente ma che si riconoscono nell’Europa.
Infine io credo occorra anche ascoltare le numerose voci provenienti da Forza Italia, a partire dallo stesso Berlusconi, da sempre chiaramente europeista quindi sempre più a disagio in una formula di centro destra, superata dai cambiamenti in atto.
Dall’altra parte appunto si ritrova l’ala sovranista e antieuropeista dai connotati chiari di Meloni e Salvini, peraltro con insofferenze crescenti all’interno della Lega.
Ecco, io penso che con questa nuova realtà gli attori politici in campo debbano fare i conti, certo rimangono destra, sinistra e centro ma all’interno di schieramenti più ampi dove il discrimine è l’Europa a cui si punta.
I contenuti, almeno per lo schieramento europeista a cui penso, sono dentro in gran parte al programma che il governo Draghi sta portando avanti e, per quanto mi riguarda, ne sottolineo alcuni:
Il lavoro, oggi finalmente lo ripetono tutti, è il tema centrale e per crearlo occorre favorire gli investimenti ma anche risanare i conti pubblici attraverso la crescita economica che sembra prospettarsi buona. Sacrosanto, ma investimenti per produrre cosa e venderli a chi? Questa a mio parere è la questione vera che riguarda tutti: Stato, imprese, sindacati.
Ma anche diritti nel lavoro, tutela della salute dei lavoratori e garanzie.
Questo è il problema delle economie occidentali, in particolare europee e, all’interno, della nostra economia, che sono precedenti al Covid i cui effetti, semmai, hanno contribuito ad aggravare.
Dall’altro lato una difesa dello stato sociale e delle garanzie in esso contenute con il rifiuto di una politica rigorista a senso unico e la richiesta di investimenti anche pubblici, di un riequilibrio della pressione fiscale e del mantenimento dei diritti fondamentali dei cittadini che, lo ricordo, riguardano ad esempio la sanità, istruzione e la cultura, le pensioni, l’assistenza alle fasce deboli della popolazione.
Infine, ma non certo da ultimo, il tema della transizione ecologica dell’economia e della società, di stretta evidenza a livello planetario per la gravità del degrado ambientale come denunciano con forza e da tempo scienziati e le giovani generazioni.
In questo quadro io penso che sarebbe auspicabile il completamento del lavoro del governo Draghi sino alla fine della legislatura e cioè sino al 2023, il che comporterebbe l’elezione nella prossima primavera di un nuovo capo dello Stato.
Io penso che, per la sua visione europeista lo stesso Draghi potrebbe invece farsi portatore di una proposta di governo al Paese per le prossime elezioni politiche del 2023 a capo della coalizione europeista che indicavo prima per completare il percorso di cambiamento e di rilancio dell’Italia nell’Europa e nel mondo.
Peraltro Draghi, come del resto già oggi, assumerebbe anche un ruolo centrale negli assetti strategici che indirizzano e governano il vecchio continente.