DI MAURO COLTORTI
Alcuni giorni fa l’Ocse ha pubblicato uno studio statistico che mostra come a parità di potere d’acquisto in Italia il salario medio di un lavoratore sia diminuito del 2,9% rispetto al 1990.
Nello stesso periodo in Francia e Germania e in generale in tutti gli altri paesi europei, i salari medi sono cresciuti più del 30%, negli Stati Uniti quasi del 50%. Com’è stato possibile e come uscirne fuori?
Nel 1992 governo e parti sociali firmarono un accordo per l’abolizione della scala mobile, il meccanismo che adeguava automaticamente i salari all’inflazione. Fu l’inizio di una progressiva perdita di potere contrattuale della classe operaia che non è stato più recuperato. E’ però evidente che le retribuzioni sono strettamente legate all’andamento del sistema economico ed i salari non si possono discostare dalla produttività generale, che in Italia a partire dalla seconda metà degli anni Novanta è andata via via declinando. Infatti tanti altri fattori contribuiscono alla crescita: investimenti in capitale umano, in tecnologia, la dimensione delle imprese, l’apertura dei mercati, l’efficienza della burocrazia.
Ecco allora che, complici la ritirata della grande impresa, sempre pronta ad inseguire gli utili anche utilizzando la delocalizzazione, e la debolezza della piccola, l’Italia ha accumulato ritardi da oltre 30 anni. In questa situazione si è inserita anche la crisi innescata dai mutui subprime partita dagli Stati Uniti nel 2008.
E’ però evidente che in Italia come in tanti altri paesi del mondo la ricchezza ha continuato ad accumularsi nelle mani di poche persone!!
Il PNRR è un’occasione unica e sul tavolo abbiamo per la prima volta, grazie ai fondi ottenuti dall’ex presidente del Consiglio Giuseppe Conte, risorse mai viste che le imprese avranno la possibilità di investire. Il nuovo patto sociale che stiamo chiedendo ora dovrebbe spingere le imprese a investire sull’occupazione incrementando la fetta di lavoratori donne e giovani.
Ma Draghi chiederà di distribuire maggiormente la ricchezza per ottenere più benessere sociale o seguirà pedissequamente le richieste di Confindustria che non vorrebbe neppure il salario minimo ??
Con il Presidente Conte sarebbe stata tutt’altra “minestra”.