RENZI E BERLUSCONI, IL CERCHIO SI CHIUDE A DESTRA

DI VINCENZO G. PALIOTTI

Quanto è brutto dire: “lo sapevo”, ma è il caso di dirlo perché quello che nel 2013 sembrava un insulto, da parte di chi riteneva Matteo Renzi il cavallo vincente sul quale puntare per “vincere”, è in via di materializzazione. Per me, e quelli come me di cavallo si trattava ma quello omerico di Troia, con all’interno i soldati di Mr. B e soci pronti a debellare finalmente gli odiati “comunisti”.

L’incontro di Miccichè con l’ex premier, ex segretario del PD, a detta dello stesso Miccichè è servito per “ufficializzare” ciò che tutti oramai pensano: l’alleanza tra Renzi e Berlusconi. “Sono stato a cena con Renzi, presto sarà nel centro destra”, le parole inequivocabili di Miccichè.

Si può dire che il cerchio si è finalmente chiuso, un cerchio lungo 8 anni iniziato nel 2013 con la conquista della segreteria dell’allora partito più forte della sinistra, seguito da Palazzo Chigi, tra l’esultanza di chi vedeva costui come il nuovo e quindi la vittoria, e chi invece temeva l’arrivo del “colpo finale” al PD e alla sinistra.

E così ci mettemmo il nemico in casa, la serpe in seno. Un tradimento dopo l’altro per l’ascesa al vertice del partito. “Chi non era con lui era contro di lui” era la sua parola d’ordine. Poi seguì la “rottamazione”, eseguita non certo per ringiovanire i quadri della dirigenza del partito, come fece capire ai più, ma eliminare da quella dirigenza gli ex DS che gli davano fastidio, gli impicciavano le mani per “inciuciare” con parenti e amici.

Fatto fuori Bersani, con i 101 che a loro volta trombarono Prodi alle elezioni del Presidente della Repubblica, passò a Letta, #staiserenoenrico. E quindi ebbe poi campo libero con le sue “armate” per mettere in atto le strategie che discusse con Berlusconi e Verdini nella famigerata riunione al Nazareno. Divenuto premier rispettò in pieno quello che aveva discusso con il leader dell’opposizione, simbolo dell’accordo l’abolizione dell’art. 18, nascosto nel Jobs Act che aveva il solo scopo di togliere quelle tutele ai lavoratori ottenute in anni di lotta che ha avuto come conseguenza la precarizzazione del lavoro riducendo il CNL a carta straccia. Ogni tanto una canagliata come quella di silurare Marino, Sindaco di Roma, perché troppo pericoloso.

Intanto diminuivano elettori e tesserati ma lui dichiarava di non esserne preoccupato, ovvio era il suo obiettivo. Poi finalmente, dopo l’ennesima sconfitta elettorale e con il flop del referendum del 4 Dicembre 2016, lasciò Palazzo Chigi, ma i danni ormai erano fatti, danni dei quali il Paese soffre ancora.

Ora, non avendo più dove e con chi accasarsi e poiché la sua percentuale di gradimento dei sondaggi non gli garantisce una poltrona, si colloca, o lo farà a breve, apertamente con chi lo ha sempre ispirato in questi anni.

Conoscendo il tipo però non è detto che non faccia un’ulteriore capriola per cambiare di nuovo, ove mai non trovasse sua convenienza, della serie: “chi ha tradito una, due, tre volte è pronto a rifarlo”.